Se Hezbollah bombarda l’Unifil è l’ora di sloggiare

Il presidente argentino Javier Milei, che è il vero rappresentante di una destra liberista e libertaria, senza appesantimenti ideologici nazionalisti o post fascisti, l’antifona l’ha già capita: dal Libano per l’Unifil è l’ora di sloggiare. Si dirà: per lui è facile, aveva solo tre funzionari militari di numero e avevano le valigie già pronte. Ma se Hezbollah, in una mossa disperata e con l’intento di fare ricadere la colpa su Israele, continuasse a bombardare le strutture Onu, che difesa ci sarebbe da parte di questi soldati e soldatini, un po’ raccomandati e super stipendiati che per anni sono stati lì a fare le belle statuine mentre gli sciiti di Teheran si armavano fino ai denti? La risposta è semplice: nessuna difesa. Bisognerebbe estendere loro il sistema Iron Dome che nell’Alta Galilea e in Samaria sta salvando il salvabile all’interno dello Stato ebraico.

Ma la cosa sembra altamente improbabile. Nel frattempo il contingente italiano in loco, tanto voluto a suo tempo da Massimo DAlema come risoluzione propagandistica alle tensioni di quella Regione, comincia a capire cosa provano gli abitanti israeliani delle su menzionate aree ogni giorno che Dio manda in terra. La verità è che Hezbollah, se volesse, in pochi giorni massacrerebbe l’intero schieramento Unifil che non ha né armi né altre chance per difendersi. Nella guerra vera, quella seria non quella delle teorie delle accademie militari, i caschi blu dell’Onu sono sempre stati i primi a darsela a gambe: è successo ad esempio anche all’epoca dei massacri fra tutsi e hutu nella cosiddetta guerra dei grandi laghi nel centro dellAfrica.

E se finora questo inutile se non dannoso contingente Unifil a trazione italiana aveva resistito senza perdite era perché, in nome e per conto del famigeratolodo Moro” e delle sue estensioni all’estero, aveva fatto finta di niente voltandosi dall’altra parte quando vedeva gli Hezbollah piazzare i lanciamissili spesso a poche decine di metri dal fortino in cui è asserragliato.

Si tratta allora di prendere una decisione pragmatica, da destra alla Milei e alla Donald Trump, non da missini sull’orlo di una crisi di nervi: andarsene subito dal Libano prima che il morto (o i morti) italiano ci scappi per davvero.

Aggiornato il 21 novembre 2024 alle ore 09:42