Sassolini di Lehner
Film visto e rivisto, ma con finali sempre stupefacenti. Già chiacchierato per un western di Capodanno, già rinviato a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio (sinceri auguri di pronta assoluzione), già famigerato tra i giudici onorari per la sua controriforma farsesca a loro danno, già additato come inadempiente premeditato presso la Corte di giustizia europea, ora, si staglia sempre nitido, anzi a colori, l’identikit dell’attore protagonista Andrea Delmastro Delle Vedove. In qualità – si fa per dire – di sottosegretario alla Giustizia del Governo Meloni con delega al Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), presentando una delle 36 nuove Ssangyong Rexton Sports Sports 2.2 e-XDi220, autovetture ipertecnologiche e superaccessoriate, addette al trasporto dei detenuti in regime di 41-bis, ha “sparato” (questa volta il colpo è partito sicuramente da lui): “L’idea di veder sfilare questo potente mezzo, che dà prestigio, con il Gruppo operativo mobile sopra, e far sapere ai cittadini come noi sappiamo trattare chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi incalziamo chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro oscurato, è per il sottoscritto una intima gioia”. Siamo, dunque, a Mors vestra, gaudium meum.
Ebbene, non resta che aggiungere ai 5 misteri dolorosi l’enigma dell’inspiegabile contiguità ministeriale di Andrea con Carlo Nordio, prezioso garantista, liberale e colto giurista, degno erede di Giuliano Vassalli. Senza tirare in ballo il Creatore, che diede il dono della favella a Delmastro e non ai cocker spaniel, certo più amici dell’uomo e più vicini al pensiero di Cesare Beccaria, permane il sospetto che la pur raziocinante e sagace Giorgia Meloni sonnecchiasse, come talora succede pure ai poeti – Quandoque bonus dormitat Homerus – anzi, fosse in piena fase Rem (Rapid Eye Movement), quando scelse certi sottosegretari. L’avvocato piemontese, comunque, fa spesso parlare o sparlare di sé. Quale dei due verbi è il più appropriato? Ai giudici onorari sopravvissuti alla controriforma affamante e umiliante di Delmastro l’ardua risposta.
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L’invasione delle cavallette è nulla al confronto delle pseudo-onniscienti alluvioni gazzettiere di Aldo Cazzullo, già penetrato sotto le coltri di Edgardo Sogno morente, per ripetere al mondo la falsità del partigiano medaglia d’oro non più della Resistenza, bensì del golpismo. Nella nostra Patria imbarbarita dai dollari del Pcus, l’eroico Edgardo, accorso nel 1956 a Budapest, rischiando la pelle, a sostegno dei patrioti magiari, finì nella nemesi delle toghe rosse. Giorgio Napolitano, che glorificò l’invasione sovietica, finì invece per due volte al Quirinale. Sogno fu, in realtà, solo liberaldemocritamente e decisamente anticomunista. Certo, erano i tempi nei quali l’anticomunismo veniva considerato corollario di fascismo, anzi di più, fattispecie di crimine efferato. E Cazzullo, più violento di un bullo ma tutt’altro che citrullo, si buttò dalla parte “giusta”, quella dei demonizzatori di Sogno, quella delle illegalità da toga “carrista”, quella del “ContrOrdine compagni giornalisti”, spiccando, così, il volo carrieristico.
Nulla di insolito nella Repubblica nata dalla eroica Resistenza di molti che il 24 luglio 1943 ancora cantavano Faccetta nera o, come Enzo Biagi, battevano entusiasti le mani, quasi più di Heinrich Himmler, ai film ferocemente antisemiti come Süss l’ebreo. I più vegliardi dei romani ricordano i muraglioni del Tevere tappezzati dalle camicie nere e da altro vestiario compromettente opportunamente gettati tra il 25 e il 26 luglio dai futuri antifascisti. Le inondazioni cazzulle vanno dalla storia con la “s” minuscola, dalla “F” grande di falce e saputello, dalla “B” rasoterra di intrattenimento alla Blob di Rai3 fino alla divinazione delle catastrofiche incongruenze, ad esempio, della squadra di Governo di Donald Trump. Di tutto s’impiccia e tutto ammonticchia in caciara, evocando il giudizio del geniale Mark Twain: “Il giornalista è colui che distingue il vero dal falso... e pubblica il falso”. Di sicuro, il tuttologo Aldo scriverà presto la parola finale anche nella diatribica Vexata quaestio sulla vera carbonara. Grazie, Aldo, pedagogo a gogò: un cazzullo al giorno non leva il grullo che è in noi di torno.
Aggiornato il 18 novembre 2024 alle ore 10:04