Di cosa ha paura Elon Musk?

Sono bastate quattro parole scritte su X da Elon Musk contro una parte della magistratura italiana per scatenare a sinistra una tempesta in un bicchiere d’acqua. In realtà, per i “compagni” ogni occasione è buona per inscenare la farsa delle vergini violate. Oggi di cosa si lamentano? Dell’intervento a gamba tesa dell’amico geniale di Giorgia Meloni, il cosmopolita Elon Musk. Costui, benché preso dagli impegni americani per la messa a terra in ottica governativa della vittoria elettorale di Donald Trump, ha trovato il tempo di manifestare il suo pensiero riguardo all’operato dei giudici italiani che stanno facendo muro alla legittima azione di governo del Gabinetto Meloni mediante le ordinanze di non convalida dei rimpatri degli immigrati illegali ospitati nel centro italiano per il trattenimento di richiedenti asilo allestito in Albania. In due post al fulmicotone, Musk ha scritto: “Questi giudici devono andarsene”, e successivamente “È inaccettabile. Il popolo italiano vive in una democrazia o è un’autocrazia non eletta a prendere le decisioni?”.

Un’offensiva che ha dato la stura all’indignazione manifestata all’unisono dal mondo variopinto che vive nel sempre meno verde pascolo del progressismo. C’è chi ha gridato all’ingerenza dello straniero nella vita pubblica del nostro Paese. C’è chi, dopo una lunga stagione trascorsa a fare strame dell’interesse nazionale per lucrare un miserevole vantaggio personale o di partito, si riscopre improvvisamente sovranista. Un puteolente ciarpame propagandista, del quale avremmo fatto volentieri a meno. Una provocazione pensata per trascinare il centrodestra in una sterile polemica nutrita a colpi di accuse e controaccuse, che di certo non giova alla credibilità internazionale dell’Italia e al benessere degli italiani. Sarebbe fin troppo facile cadere nella trappola apparecchiata dalla sinistra ricordando loro la miriade di occasioni in cui i suoi rappresentanti hanno esultato alle parole d’insulto rivolte da personaggi o da media stranieri all’indirizzo di esponenti del centrodestra.

Se solo ricordassimo in quale modo indecente sia stato trattato l’allora premier Silvio Berlusconi, di come l’abbiano apostrofato nel compiaciuto entusiasmo dei sinistrorsi nostrani. Per non dire del trattamento riservato a Matteo Salvini da ministro dell’Interno. Per la sinistra giubilante non d’ingerenza si sarebbe dovuto parlare ma di saggezza straniera intervenuta a controbilanciare la dissennatezza degli italiani disponibili a dare credito al leader leghista. Ma senza andare in là con la memoria, come dimenticare l’endorsement che l’allora presidente statunitense Donald Trump fece in favore del suo amico Giuseppi Conte, auspicando una sua permanenza a Palazzo Chigi, nel 2019, in piena crisi di governo? Sostegno pari a quello espresso da Barack Obama a Matteo Renzi perché vincesse il “sì” al referendum del 4 dicembre 2016.

Quelle cos’erano, se non indebite ingerenze negli affari di casa nostra? Eppure, la sinistra al potere non ebbe nulla da eccepire. Nessuna patetica dichiarazione dell’Anpi, che invece non è mancata in queste ore. Anche sulle magistrature altrui, l’allegra compagnia progressista non si è risparmiata. Enrico Letta e Roberto Speranza, che versarono robuste dosi di veleno sulla Corte suprema degli Stati Uniti d’America per le posizioni da questa assunte in materia di aborto. E le insinuazioni rivolte ai giudici ungheresi di essere servi del potere politico, per la gestione dell’affaire Ilaria Salis? Ciò che più infastidisce è che il polverone demagogico sollevato intorno alle dichiarazioni del magnate, americano d’elezione, impedisca di svolgere una seria analisi sulle ragioni della contestazione alla magistratura italiana. Parliamoci chiaro, il problema non è il come si sia permesso uno straniero di prendere a sberle un potere di uno Stato sovrano, ma il perché lo abbia fatto e perché proprio in questo particolare momento storico. A nostro giudizio, si tratta di una sottile questione di geopolitica, posto che nessuno possa verosimilmente pensare, conoscendone la straordinaria biografia, che Musk sia un buontempone uso a stravaganti intemerate. È uno che il cervello ce l’ha e lo fa girare a mille sulle grandi visioni del futuro dell’umanità. Figurarsi se volesse perdersi in una querelle con una minuscola entità di un piccolo (sulla carta geografica) Paese dell’Occidente. Allora, perché?

Il tutto si riconnette alla strategia che il neo presidente Donald Trump vorrà mettere in campo nel regolare i rapporti con gli alleati europei. È noto che The Donald non ami l’dea di interfacciarsi con un soggetto politico unico europeo, piuttosto preferisca la negoziazione bilaterale. Ma Trump sa anche che, indipendentemente da chi sieda nelle rispettive cancellerie, Parigi e Berlino saranno ossi duri con cui trattare e, soprattutto, sono le uniche realtà in grado di trascinarsi dietro l’Unione europea. Attualmente, il tycoon ha come amico dichiarato tra i capi di Stato e di Governo europei l’ungherese Viktor Orbán. Troppo poco – sia detto con rispetto per il leader magiaro – per immaginarlo nella parte del cuneo da piazzare nell’asse di ferro Francia-Germania a scopo di sabotaggio. Ben altra cosa sarebbe avere al proprio fianco, da legittimare come interlocutore privilegiato nel quadrante del Sud Europa e da schierare in funzione anti-carolingia, una Nazione della grandezza economica e strategica dell’Italia, per di più governata da una leader che si è fatta apprezzare sullo scenario internazionale e che guida un Governo tra i più stabili in Europa. Giorgia Meloni ha un rapporto personale solido con Musk e questo conferirebbe al miliardario un ruolo di ufficiale di collegamento nei rapporti bilaterali italo-statunitensi.

Ora, perché Trump possa decidere di affidarsi alla Meloni come punta di lancia della sua azione di ristrutturazione radicale dei rapporti transatlantici con i principali partner europei è indispensabile che la situazione interna italiana sia tranquilla e non sottoposta a stress che potrebbero determinarne l’isolamento nel contesto comunitario europeo. Posto che l’Italia non è più ricattabile per la gestione del debito pubblico – la tenuta dei conti è stata apprezzata dalle principali istituzioni finanziarie globali e dalle agenzie di rating che consolidano la fiducia sulle proiezioni tendenziali macroeconomiche italiane – l’elemento di vulnerabilità potrebbe essere rappresentato dall’incapacità di controllo dei flussi migratori. In controtendenza a ciò che il Governo sta realizzando di valido per contenere i flussi provenienti dall’Africa – il crollo degli arrivi nel 2024 lo dimostra – l’intervento della magistratura volto a impedire i rimpatri va nella direzione di far saltare il sistema. L’aberrazione contenuta nella pronuncia giudiziaria, di là dal formale rispetto della norma, sta nel segnale che viene lanciato agli stakeholders che ruotano intorno al business dell’immigrazione illegale. Con le ordinanze dei giudici, che rimettono alla Corte di giustizia europea i casi dei migranti trattenuti nel centro in Albania sospendendo il provvedimento di convalida dei trattenimenti, si spalanca la strada alla ripresa in massa degli sbarchi di clandestini. Se passasse, come sta passando, il messaggio ai migranti per cui bisogna andare in Italia perché una volta entrati lì nessuno li manda via, il nostro Paese si troverebbe ad affrontare da solo un’invasione senza precedenti di gente in fuga da Paesi ad alta densità di popolazione.

Prendendo in considerazione i due Stati entrati nel mirino dei giudici perché li hanno considerati insicuri – Egitto (popolazione 2023, 112,7 milioni) e Bangladesh (popolazione 2024, 173 milioni) – con un potenziale probabilistico dell’1 per cento per Paese pronto a emigrare verso l’Europa, l’Italia si ritroverebbe a fronteggiare l’arrivo di 1 milione e mezzo di egiziani e di 1 milione e 700mila bengalesi. I trafficanti di esseri umani – e le navi delle Ong – dovrebbero fare gli straordinari per smaltire un tale volume di traffico. La reazione immediata dei Paesi europei, in particolare quelli confinanti, sarebbe di sigillare le frontiere per impedire i movimenti secondari di migranti all’interno dell’Unione europea. Politicamente, per Giorgia Meloni e per la credibilità finora guadagnata presso i partner comunitari sarebbe uno smacco difficilmente riparabile. E ciò la renderebbe “unfit” per la strategia d’approccio all’Europa di Donald Trump. Musk, che intende puntare sulla Meloni, vuole evitare che una congiuntura negativa vanifichi i suoi progetti. Perciò, va alla fonte del problema e attacca chi il problema lo sta creando.

Se tale è il quadro che si profila, siamo proprio convinti che il lupo cattivo della favola sia Elon Musk e quelli che stanno complicando la vita agli italiani con le loro decisioni in punta di sentenze siano i buoni cappuccetti rossi?

Aggiornato il 16 novembre 2024 alle ore 09:46