Per Harris e per la Roma Kamala tempora currunt

Sassolini di Lehner

Trump non vince, stravince. Andrea Mancia, il direttore, Stefano Cece, il capo-redattore, l’intera redazione de L’Opinione delle Libertà sono da ore impegnati a soccorrere la maggioranza degli iscritti all’“Ordine Nuovo” di Gramsci e Togliatti, pardon, all’Ordine Nuovo dei giornalisti.

Non bastano le bombole di ossigeno, le punture di adrenalina, la posizione supina con le gambe sollevate a 45 gradi, per far riprendere i sensi ai colleghi tifosi sviscerati della dematerializzata Kamala Harris, lo zero assoluto in quanto ad arte della politica.

Stefano Cece, il volontario più dotato in quanto a vocazione umanitaria, si dedica anima e corpo ad impedire insani gesti da parte di Lilli Gruber (La7), di Tiziana Panella (La7), di Sigfrido Ranucci (Rai 3), di Antonio Padellaro (Il Fatto quotidiano).

La vita è sacra per tutti e va difesa specie negli psico-abbacchiati da tranvate, dalla Liguria alla Pennsylvania, elettorali.

Valentina e Claudia Diaconale sono addirittura entrate nella Compagnia delle Dame della Carità di San Vincenzo de’ Paoli per assistere i disperati di Mediaset come Antonio Ricci e Giuseppe Brindisi e rincuorare la kamalafila Marina Berlusconi.

Da parte mia non posso non pregare per il radical-choc Jorge Mario, amico del fratello musulmano Obama e nemico giurato di Donald.

Harris, la vicepresidente data per dispersa per circa quattro anni, stante il rimbambimento di Joe Biden, in pochi giorni venne tirata fuori dall’armadio, ripulita dalla naftalina, ridipinta a nuovo, rivenduta come statista, destinata a vincere di dieci lunghezze, che manco Ribot, Tornese o Varenne messi insieme.

La sua vittoria fu data, all’inizio, per sicura dai sondaggisti, poi, derubricata ad un testa a testa, però con rush finale di Kamala, grazie alla promessa di “libera Droga, in libero Stato”, alla propaganda entusiasta da parte di star e cantanti dal nasino innevato, nonché alle femministe fissate con il diritto-dovere di abortire. Lo sbandieramento dei diritti incivili alle droghe ed all’eliminazione di un feto che è già individuo unico ed irripetibile, tuttavia, non paga, quando sussiste il buon senso.

Insomma, ci triturarono i neuroni, trattandoci da grulli verticali, che credono ai treni volanti, alla Schlein, alle toghe rosse od ai sindacati che difendono non i loro privilegi ma i lavoratori.

Ci presero per pregiudicati di ottimismo colposo, quasi peggio dei tifosi giallorossi – vedi Verona e poi muori – sicuri che la Roma sarebbe destinata nel 2025 alla Champions League.

Adesso, visto che Ka-mala tempora currunt, la ragion pratica kantiana ci esorta a rianimare, consolare, salvare i kamalisti compulsivi, travolti da un insolito destino non nell’azzurro dei democratici, ma nel rosso fuoco dei repubblicani.

Da parte mia, da romanista con gli scarpini per terra e non in aria, mi dedico pure ad asciugare le lacrime ai fratelli creduloni giallorossi.

Aggiornato il 07 novembre 2024 alle ore 09:48