Libertà è il corpo nudo di una donna

Nel mondo alla rovescia, sanguinolento stigma del tempo storico di un Occidente frastornato e autolesionista, accade di tutto. Paginate di giornali immolate al fiero esibire impudichi pareri di improbabili opinionisti che mettono in guardia dal pericolo, per la libertà e per la democrazia, costituito da un successo di Donald Trump nella corsa verso la Casa Bianca. Ci credono davvero, i progressisti, che la rovina delle buone e corrette società civili europee venga da Ovest, dalla riedizione del Far West con i buoni e i cattivi che si fronteggiano a colpi (verbali, ma non solo verbali) di fucile. E non dubitano minimamente che un vero pericolo per la nostra libertà possa venire da altre parti del mondo, che non siano necessariamente quelle dello spauracchio Vladimir Putin, descritto come pronto a mangiarsi l’Europa in solo boccone dopo l’antipasto ucraino. Non pensano che il male possa annidarsi in altri luoghi, celebrati da folle di imbecilli in giro per le contrade d’Europa (ahinoi, anche italiane) che, inebriati dal nequitoso sofisma, inneggiano all’Iran “perché nemico del mio nemico (Israele)”. Non pensano che l’integralismo islamico sia l’antitesi assoluta alla categoria concettuale di Occidente.

E che l’Iran degli Ayatollah sia il peggiore degli Stati canaglia di cui liberarsi al più presto per la sicurezza della nostra civiltà. Non pensano, i progressisti, contrariamente a quanto di bizzarro si giunga a sostenere, che la spada faccia sempre e comunque più male delle parole, sebbene le parole possano risultare eccessive e financo incendiarie. Se accettato questo anticonformistico angolo visuale di lettura del presente, ci consentirete uno scarto di lato dal dilagare della stupidità a uso e consumo del conformismo dei benpensanti. Non è Trump il problema. Al peggio, lui, se vincesse, potrebbe rivelarsi una risposta insufficiente a un problema che c’è: la crisi dei valori occidentali. Lo scandalo odierno è il silenzio quasi assoluto con cui è passata la notizia di una giovane donna che, nell’Iran della repressione morale-religiosa, ha osato sfidare il regime denudandosi in pubblica piazza. Dove sono i progressisti, pronti a fare le barricate in caso di vittoria della destra americana alle presidenziali di oggi? Della ragazza di Teheran non si conosce con certezza l’identità. Forse è stata identificata nella persona di Ahoo Daryaei.

Ciò che si sa dell’accaduto è quello che un video fatto girare sui social ha documentato. Una donna nella bellezza dei suoi giovani anni che, lo scorso sabato, viene malamente redarguita dalla polizia morale nel cortile del dipartimento di Scienza e Ricerca dell’università Azad di Teheran. La causa scatenante l’intervento poliziesco è la solita ed è ben nota: non indossa correttamente l’hijab. La ragazza però non ci sta e compie un gesto estremo che si trasforma in un atto di libertà: si denuda in pubblico, tenendo solo il reggiseno e le mutandine. Mostra il suo corpo a chi le sta intorno ma che finge di non vederla. Peggio, gli astanti – comprese alcune donne intabarrate in funerei chador – si ostinano a ignorarla per paura di essere colti dall’occhio vigile della polizia morale in un’espressione proibita di ammirazione verso colei che osa sfidare il potere. Non è difficile immaginare cosa abbiano pensato quelle misere comparse, impaurite e succubi, di una rappresentazione plastica del coraggio che non appartiene a loro e nella quale nemmeno vorrebbero essere: è una morta che cammina. E, probabilmente, non è che sbagliassero perché è quasi scontato il destino di quella giovane eroina del suo tempo.

Catturata dagli sgherri del regime, caricata a forza su di un’autovettura, picchiata, poi torturata e stuprata per finire sepolta in un manicomio o in un cimitero. Il nostro mondo si preoccupa di cosa farà Donald Trump e nulla sa dire, di là dalla frusta retorica dei buoni sentimenti verso gli sfortunati che vivono lontani dai comodi stazzi dei verdi pascoli occidentali, a sostegno di una donna che, con il suo gesto, ha spiegato a quello stesso mondo rintontito dai falsi miti del multiculturalismo, cosa sia libertà. Il messaggio che invia alla storia dell’umanità quel corpo nudo di donna è potentissimo e fa strame di tutti gli ingabbiamenti psicologici con i quali una legge morale – che nell’Iran oscurantista degli Ayatollah e dei Guardiani della rivoluzione islamica è legge religiosa e insieme legge dello Stato – conculca la vera libertà dell’essere umano. A lungo, dalle pagine di questo giornale, abbiamo ragionato sul concetto di “volontà di potenza”, declinandolo nei rapporti di forza tra le nazioni. In questo caso, parliamo di una volontà che conferisce senso alla vita del singolo essere umano. Il fattore rilevante di potenza sta nella capacità della vita di oltrepassare sé stessa. Una volontà che si nega all’esaltazione naturalistica dell’esistenza materiale per offrirsi totalmente a un principio a essa superiore, che la trascende.

Per gli appassionati di formule preconfezionate, la si chiami pure “soluzione nietzschiana” della via del superuomo, ma la scelta compiuta da quella ragazza risponde in pieno all’idea di poter dare a sé stessi una legge a cui soltanto essere fedeli: “Il poter dir no, amore no, quando si è spinti da una forza prodigiosa, da una enorme tensione all’affermazione”. E il grado di tale volontà di potenza è misurato “dalla resistenza, dal dolore, dal tormento che si sa sopportare per volgerli a proprio vantaggio”. I commenti (pochi) che girano sui media sono condizionati da scontati cliché: Ahoo Daryaei come Mahsa/Jina Amini, la giovane iraniana vittima della barbarie dei Guardiani della rivoluzione islamica che, due anni orsono, la uccisero a percosse perché indossava il velo in modo scorretto. Mahsa è nei nostri cuori ma la sua vicenda non è sovrapponibile in toto – se non per l’inevitabile tragico epilogo – a quella di Ahoo. Mahsa è stata una vittima innocente dell’altrui ferocia; Ahoo, invece, ha scelto consapevolmente di sfidare i carnefici. Il regime si è giustificato dandole della pazza. La ragazza soffre di un disturbo mentale, per questa ragione si sarebbe denudata. È la miserabile scusa che gli apparati repressivi degli Stati tirannici offrono in pasto all’opinione pubblica sottomessa per delegittimare le azioni eroiche degli oppositori e dei contestatori. Sai che novità. Ma Ahoo (ammesso che questo sia realmente il suo nome) ha compiuto un atto di affermazione di superiorità, che sbugiarda l’ancestrale ignominia di una fallace rappresentazione di un’umanità fatta di eguali.

Ha infranto un comandamento morale imposto in nome di un Dio morto, per affermare la sua (di lei) legge di essere superiore in grado di trascendere la propria condizione fisica. Cosa c’è di più grande e di più eroico di chi assevera la sua volontà oltre la sua stessa condizione esistenziale? Ecco la lezione esemplare impartitaci dalla giovane iraniana, della cui sorte fisica difficilmente sapremo qualcosa di certo e di vero nei giorni a venire. Vorremmo tanto che anche le obnubilate schiere progressiste apprendessero l’insegnamento di Ahoo, dandoci un taglio con le parole al vento e senza senso sul fascismo incombente sull’Occidente e su sedicenti minacce per la libertà che verrebbero dalla vittoria di quel pittoresco americano dal cuore innervato nelle piantagioni della Virginia, dalla mano poggiata sulla fondina alla maniera dei pistoleri del Far West, dai modi rozzi di professionista del Wrestling, dal portafoglio custodito e protetto tra le mura inviolabili di Wall Street, ma dal cervello fino di un laureato alla Wharton School della Pennsylvania, la prima scuola universitaria di economia del mondo. Insomma, Donald Trump.

Aggiornato il 06 novembre 2024 alle ore 09:17