Onu a perdere: l’Occidente non è più qui

Dichiarazione-testamento alla 79ª Assemblea Onu di un Joe Biden uscente: “La maggioranza dei Paesi del Sud non sostengono la visione degli Stati Uniti in Medio Oriente e non sono solidali con Israele”, ma identico discorso vale per la guerra in Ucraina dove in pratica il Global South si è schierato con Mosca, dato che, secondo Biden, “Cina e Russia sono sempre pronte a colpire nella guerra per l’influenza mondiale”. Praticamente, un Requiem aeternam per il dissolto ordine mondiale e il sistema internazionale di composizione pacifica dei conflitti, basato sull’egemonia americana e occidentale dal 1945 a oggi. Se eliminare gli oggetti usurati e inservibili è facilissimo (basta avere un’ottima raccolta differenziata), non risulta al contrario così semplice fare la stessa cosa con i beni giuridici astratti, come le istituzioni internazionali. Anche perché, in tutta evidenza, un pachiderma come l’Onu, che assorbe molti miliardi all’anno per il suo funzionamento, è dotato di una burocrazia ipertrofica auto-conservativa e di un apparato giuridico poderoso, per cui può essere messo in ginocchio solo e soltanto se tutto l’Occidente in blocco fuoriuscisse dalla sua organizzazione, e non riconoscesse più i suoi atti giuridicamente vincolanti per tutti i Paesi membri aderenti. Gli altri, però, hanno capito molto bene questo discorso e, forse, formazioni a nebulosa come i Brics possono costituire un primo coagulo alternativo al Palazzo di vetro, sia come alleanze internazionali che come organismo multilaterale, per ora non in grado di emanare sue proprie disposizioni per mancanza di uno statuto vero e proprio.

Di questa crisi certamente irreversibile, esistono dei precedenti storici come il fallimento della Società delle nazioni (di cui non facevano parte gli Stati Uniti che pure ne avevano favorito la nascita), la cui crisi fu causata dalla sua impotenza dinnanzi all’aggressione delle potenze dell’asse e all’incapacità di prevenire la Seconda guerra mondiale. Come si vede, un inquietante parallelo con il suo succedaneo di oggi, quell’Onu cioè che è diventato impotente e paralizzato all’interno del suo organismo decisionale ristretto (il Consiglio di sicurezza, in cui ben cinque dei suoi membri hanno diritto di veto) per la prevenzione e la risoluzione dei conflitti piccoli e grandi (Ucraina, Sudan, Palestina) che oggi scuotono il mondo. Sul piano etico va poi ancora peggio, se possibile. Infatti, solo per citare episodi recenti, a giugno scorso, nel quadro di una riunione sull’Afghanistan organizzata dal Qatar, l’Onu si è arreso alle condizioni poste dai talebani, che non hanno voluto la presenza di donne alla riunione. Per le quali, peraltro, Kabul ha posto la precondizione che non se ne parlasse in quella sede, mentre tutti sanno che nei loro confronti il regime fondamentalista attua una vera e propria forma illegale, secondo i sacri principi Onu, di apartheid. Del resto, non fa tanta meraviglia, se si pensa che l’Onu osserva il più rigoroso silenzio sulla sorte delle donne iraniane, avendo affidato a Teheran la presidenza pro-tempore della Commissione Onu sui diritti umani! Morale della favola: oggi, i sempre più rapidi cambiamenti dei rapporti di forza nel mondo aggrediscono l’Onu fin dalle sue stesse fondamenta.

Per di più, Cina e Russia, che sono le maggiori beneficiarie di questo stallo decisionale in Consiglio di sicurezza, fanno sempre più spesso ricorso al diritto di veto per proteggere i propri interessi, o regolare i conflitti con i vicini violando in armi i confini internazionali, come è accaduto in Ucraina, o proteggendo le malefatte atomiche della Corea del Nord come fa Pechino. Da tempo, in sede Onu, Mosca ha cessato ogni forma di cooperazione con l’Occidente anche su aspetti di comune interesse, come il programma nucleare iraniano. Addirittura, la Russia è arrivata al punto di bloccare qualsivoglia iniziativa americana, per imporre nuove sanzioni alle milizie che operano un’intollerabile e devastante pulizia etnica nel Sudan. La Cina, poi non è da meno, visto che si è messa di traverso per sabotare ogni tentativo di istituire una missione Onu per il mantenimento dell’ordine ad Haiti. Entrambi, sia Mosca che Pechino, si oppongono alla formulazione di un nuovo Trattato Onu per i crimini contro l’umanità, per tutelare i propri protégé. In Consiglio passano solo testi che, in pratica, non servono a niente, essendo mere dichiarazioni di principio, non vincolanti per nessuno.

Né va certamente meglio per quanto riguarda le principali agenzie dell’Onu, che riflettono nei loro comportamenti le attuali divisioni del mondo. Ad esempio, l’Unrwa (la principale organizzazione internazionale per l’aiuto ai profughi palestinesi, che poi è un ingiustificato doppione mal congegnato dell’Unhcr), è stata a più riprese denunciata da Israele, con il sostegno di una documentazione impressionante, perché alcuni suoi dipendenti hanno preso parte al fianco di Hamas ai pogrom del 7 ottobre. E la Corte internazionale di giustizia è ancora più screditata e accusata di parzialità, per aver avallato l’ipotesi del rischio di genocidio nella condotta israeliana della guerra a Gaza. Ora, tutto fa pensare che questi atteggiamenti delle grandi potenze appartenenti al Global South sia proprio orientato a una sorta di espulsione, più o meno soft, della componente decisionale occidentale, ormai del tutto minoritaria nelle sedi mondiali di intermediazione, anche a causa delle sue pretese di esportare la democrazia e di esigere il rispetto del diritto internazionale. L’intento degli anti-occidentali, in pratica, è di creare una cintura di sicurezza che depotenzi del tutto i principi Onu facendo leva su di un nuovo, inedito “asse” delle principali dittature e autocrazie mondiali. Cina, Russia, Iran, in particolare, vogliono avere le mani libere nelle alleanze di interesse tra di loro, eliminando così definitivamente uno scomodo controllore (con poteri sanzionatori!) sul rispetto dei diritti umani. Prepariamoci, dunque al peggio, se possibile.

Aggiornato il 09 ottobre 2024 alle ore 09:59