Sassolini di Lehner
Caro e stimato Guardasigilli,
rammento con piacere il nostro felice incontro in quel di Macerata, dove presentai un tuo sapido saggio. Ebbene, ricordando anche gli ipercalorici e saporiti vincisgrassi che assaporammo a cena, nonché i calici di ben refrigerato Verdicchio, mi permetto di chiederti lumi sulla annunciata separazione delle carriere, di cui da tempo non si ha più notizia.
Egregio Carlo, la separazione delle carriere è il primo comandamento del decalogo liberaldemocratico per la giustizia giusta.
Fra l’altro, sarebbe finalmente la maniera di rendere onore al Diritto romano – due avvocati ed un giudice terzo – ripreso dagli anglosassoni e cancellato in Italia, dove il Corpus iuris fu strangolato in culla, spazzato via dall’oscurantismo della giustizia “etica” del Sant’Uffizio, fondata sul sospetto e sulla pretesa di distinguere eretici, i cattivi, dai buoni, cioè i bravi cattolici, ancor più benemeriti se delatori.
Il Diritto di Sancta Romana Ecclesia in luogo di quello Romano non ha solo cristallizzato il processo inquisitorio, sino all’apoteosi del Codice Rocco, peraltro rigoroso e non impapocchiato, come la legge si presenta oggi, ma ha anche favorito, specie dai nefasti anni di Mani pulite, la megalomania della casta togata, esondante sino al punto di sentirsi legittimata al colpo di Stato contro la Costituzione sotto forma di governo dei giudici.
Valente ed egregio Nordio, avrai certamente ancora nella mente, magari con brividi da horror, il delirio di potenza di Francesco Saverio Borrelli, non a caso evocante stagioni mussoliniane: “Forse noi rappresentiamo, agli occhi della gente, la prova che si possono porre intelligenze ed energie al servizio degli interessi collettivi... Non basterebbe certo... una folla oceanica raccolta sotto i nostri balconi. Ma ad un appello di questo genere (assumere il Governo della Nazione, ndr) del Capo dello Stato, si potrebbe rispondere con un ‘servizio di complemento’…”.
Non dovresti, caro autorevole giurista liberale, nemmeno aver scordato, a riprova della inquietante sinergia tra inquirenti e giudicanti, “l’appunto per Italo”, contenente il seguente messaggio di Antonio Di Pietro al Gip Italo Ghitti: “Riservatamente e a titolo personale ti anticipo perché Maddaloni (il manager Mario Maddaloni già arrestato nel giugno 1993, ndr) dovrebbe andare dentro al più presto”.
Il giudice Ghitti, più preparato, rispose al pubblico ministero che, per la nuova carcerazione preventiva, dovrebbe individuare “un altro capo d’imputazione, perché il 2621 è già stato contestato”.
Esimio Nordio, c’è stato financo di peggio e temo che l’andazzo continui, perché lavorare stanca ed i togati stacanovisti sono rari. Leggere e studiare le carte sarebbe già un primo passo per la giustizia giusta, ma una casta che lavori davvero sodo si sentirebbe plebea e non più faraonica.
Caro e prezioso Carlo, rifletti da par tuo sulla seguente incredibile richiesta di favori contenuta in una comunicazione tra giudice e Pm: “Caro Giovanni (il pubblico ministero Giovanni Ilarda, ndr), ti rimetto le argomentazioni svolte dal difensore di (Turi, ndr) Lombardo avverso la richiesta di proroga delle indagini preliminari, non per un parere che proceduralmente non è previsto, ma perché argomentare in senso contrario presuppone l’attento esame del fascicolo che è ponderoso. Mi pare poi opportuno che voi ne abbiate conoscenza al fine di paralizzare future eccezioni di nullità. Ti sarei molto grato se tu volessi scrivermi informalmente due righe in modo da evitarmi una noiosa camera di consiglio. Grazie anticipatamente (il Gip, ndr), Sergio La Commare”.
Certo, i fascicoli ponderosi possono costringere al sudore, ma i magistrati dotati di discreti stipendi e privilegiati dalla miracolosa progressione automatica della carriera potrebbero pur sottoporsi allo sforzo di non lasciare del tutto intonsi gli incartamenti.
Intanto, stimabile Nordio, vedi di separare finalmente chi accusa e chi giudica, riportando l’accusatore allo stesso livello del difensore. Se invece la politica politicante te lo dovesse impedire, allora prezioso Carlo, ti esorterei a lasciare il Ministero e scrivere un altro sapido saggio, riservandomi l’onore di presentarlo.
Aggiornato il 07 ottobre 2024 alle ore 10:28