Affaire Fitto: Giorgia 1 – Elly 0

Come volevasi dimostrare. Ursula von der Leyen ha scelto la squadra dei Commissari con cui guiderà la Commissione europea per i prossimi cinque anni. E Raffaele Fitto c’è, con un ruolo di peso: vicepresidente esecutivo della Commissione con delega alla Coesione, alle riforme e alla gestione del Recovery fund e Next Generation Ue. Gli altri vicepresidenti sono la spagnola Teresa Ribera, la finlandese Henna Virkkunen, il francese Stéphane Séjourné, l’estone Kaja Kallas, la romena Roxana Minzatu. Fitto si occuperà anche delle città, dello sviluppo regionale e degli investimenti.

Il vortice depressionario che sferza in queste ore l’Italia spazza via le troppe chiacchiere messe in giro ad arte dalla sinistra per rappresentare un Paese messo all’angolo dai partner europei e disperatamente isolato sulla scena internazionale a causa del suo “pessimo” Governo di centrodestra. Balle, e ancora balle. L’apertura della presidente von der Leyen sul nome di Fitto, espressione in Europa dei conservatori, mette in luce un dato di realtà che il fronte progressista nostrano ha provato in tutti i modi a nascondere all’opinione pubblica: la signora Ursula ha bisogno del sostegno della signora Giorgia Meloni per governare una comunità di Stati le cui popolazioni, in maggioranza, guardano a destra. È pur vero che all’Europarlamento si sia ricomposta la vecchia maggioranza Popolari-Socialisti-Liberali con l’aggiunta dei Verdi per garantirle la rielezione al vertice della Commissione. Tuttavia, per la realizzazione del programma di governo, la von der Leyen sa di non poter farsi ingabbiare dai diktat della sinistra radical-ambientalista, ma deve allargare il consenso a quei governi che, pur non avendola votata, sono chiamati a condividerne le scelte. E chi meglio dei conservatori per svolgere il ruolo di stampella al “von der Leyen bis”? D’altro canto, la baronessa tedesca sta dimostrando nei fatti di essere l’epigono in sedicesimo di quel gigante della storia che è stato due secoli orsono Otto von Bismarck, il padre nobile del conservatorismo continentale nonché ispiratore del termine – coniato da August Ludwig von Rochau, giornalista e scrittore tedesco del XIX secolo – “realpolitik”. Alla stregua di Bismarck, la signora von der Leyen persegue ciò che è funzionale ai suoi interessi di governo, a prescindere dalle ideologie e dalle appartenenze alle famiglie politiche continentali. La Meloni lo ha capito per tempo e ha assecondato l’istanza di collaborazione espressa dalla presidente della Commissione già nella scorsa legislatura europea e oggi ne raccoglie i meritati frutti con una nomina di peso per il “suo” Raffaele Fitto.

La sinistra ha provato a intorbidare le acque con la storiella di Fratelli d’Italia che, in sede di votazione all’Europarlamento, avrebbe negato il voto a Ursula. I “compagni” proprio non ci hanno capito nulla. Non c’è stata alcuna rottura tra Ursula e Giorgia. Il dialogo tra le due è andato avanti e continua sottotraccia. L’enfatizzata rottura al momento del voto per la presidenza è stata solo apparente e, come abbiamo sempre sostenuto, certamente concordata. La Meloni, con il suo “no” dichiarato pubblicamente, si è sacrificata per aiutare la von der Leyen a vincere, potendo quest’ultima contare sul voto dei socialisti e dei verdi. Se, al contrario, avesse reso manifesto il suo appoggio alla candidata dei popolari, questa avrebbe perso il consenso della sinistra dichiaratasi indisponibile ad appoggiare una presidenza sostenuta anche da una frangia importante dei conservatori. Le due hanno fatto gioco di sponda, con la benedizione del gruppo dei popolari a loro volta poco entusiasti di andarsi a consegnare al ricatto rosso-verde. Ciò a cui assisteremo nel prossimo futuro sarà un governo dell’Unione più attento alle ragioni della destra e meno “talebano” sulle politiche ambientaliste e dei diritti civili, come invece avrebbero desiderato i socialisti e i verdi. E questa per l’Italia è una ottima notizia.

Vi è poi un altro aspetto che va considerato e riguarda il contenimento delle spinte sovraniste che stanno prendendo piede in tutti gli Stati dell’Ue, in particolare in Germania. La manipolazione propagandistica messa in campo dalla sinistra ha puntato a mischiare in un unico calderone populista e antieuropeista tutte le declinazioni della destra europea. Ma non è questa la verità. I conservatori, di cui Giorgia Meloni è esponente a livello comunitario, non sono estremisti. Per la signora von der Leyen tenere agganciata a sé la leader italiana, peraltro capo di un Governo tra i più stabili in Europa e rappresentante di un Paese che ha la terza economia dell’Unione, è un punto di forza irrinunciabile per impedire che tutte le destre facciano massa critica nell’opposizione alla sua presidenza. I progressisti nostrani hanno rimediato, con Raffaele Fitto inserito nel cerchio ristretto della governance comunitaria, una sportellata sulle gengive che deve far molto male. Speravano che Bruxelles desse loro una mano ad affondare il Governo Meloni. Si sono illusi e adesso devono fare i conti con la realtà. La loro politica antitaliana è stata smascherata. Ora, se vorranno proseguire su questa deriva di annientamento dell’interesse nazionale dovranno metterci la faccia. Hanno ancora una possibilità di silurare l’Italia. I commissari prescelti dovranno passare al vaglio delle commissioni competenti del Parlamento europeo. In quella sede i “compagni” potranno provare a mettere in difficoltà Fitto per convincere gli altri membri della sinistra europea, presenti in commissione, a bocciare la sua nomina. Che ci provino a danneggiare l’Italia, se ne hanno il fegato. Ne risponderanno alla nazione.

Per onore di verità, la componente riformista del Partito Democratico, che fa capo a Stefano Bonaccini, ha messo le mani avanti facendo intendere che non si presterà al gioco al massacro impallinando Raffaele Fitto. Un bel problema per la segretaria Elly Schlein, che fino all’ultimo ha sperato di impedire la presenza di un rappresentante di Fratelli d’Italia al fianco della presidente von der Leyen. Ora, però, dopo aver festeggiato la vittoria nella partita della composizione della Commissione europea, Giorgia Meloni dovrà dedicarsi a risolvere un problema di non poco conto: con chi sostituire l’uscente Fitto alla delicatissima gestione del Pnrr. Trovare il profilo giusto non sarà semplice, ma andrà fatto al più presto perché quella casella non potrà restare scoperta a lungo. C’è da scommettere che l’opposizione, tornata da Bruxelles con le pive nel sacco, impegnerà tutte le sue energie manipolatorie sulla questione della successione a Fitto nella compagine di governo. Sarebbe opportuno che la maggioranza di centrodestra non si facesse trovare impreparata. Un passaggio del testimone in corsa, com’è accaduto nel caso delle dimissioni del ministro Gennaro Sangiuliano sostituito “al volo” da Alessandro Giuli, sarebbe preferibile per tutto quello che c’è in ballo con il Pnrr. Attendiamo a stretto giro notizie da Palazzo Chigi.

Aggiornato il 20 settembre 2024 alle ore 09:43