Sul caso di Matteo Salvini le grancasse giornalistiche e radiotelevisive del “campo largo” si sono letteralmente scatenate. In questi ambienti sinistri non si fa altro che parlare, a mio avviso molto a sproposito, di una surreale richiesta di condanna a 6 anni per sequestro di persona. Un presunto sequestro avvenuto su una nave, la Ong spagnola Open Arms, per una ventina di giorni, ai “danni” di clandestini che, occorre ricordarlo, se fossero sbarcati il primo giorno, sarebbero poi finiti “sequestrati” e per un tempo assai più lungo nei Centri di permanenza per i rimpatri.
Ma a parte questo “piccolo” dettaglio, sarebbe il caso di ricordare a questi sostenitori del partito della forca che l’Italia è seconda solo alla Turchia per numero di sentenze di condanna, emesse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, a causa del proprio sistema giudiziario. Negli ultimi tre decenni si contano migliaia di casi di ingiuste detenzioni e di un continuo abuso della carcerazione preventiva, la quale troppo spesso rappresenta per durata una vera e propria condanna ben prima che si celebri il processo penale. Ed è proprio in considerazione di tutto ciò che per molti liberali rappresenta da molto tempo una pericolosa deriva giudiziaria, che il processo all’ex ministro dell’Interno del primo Governo Conte appare assolutamente pretestuoso e strumentale. Un processo che, insieme al succitato accanimento dell’informazione di sinistra, sta paradossalmente rilanciando la credibilità e i consensi di un leader il cui declino sembrava inesorabile.
Aggiornato il 20 settembre 2024 alle ore 09:42