Italia, ultima Repubblica sovietica

Sassolini di Lehner

Qualche lettore potrebbe ritenere esagerata l’importanza che do ai dollari del Pcus e al fiume di denaro giunto dall’import-export e dalle tangenti nazionali. Come spiegare, allora, l’anomalìa di gangli vitali dello Stato sistematicamente divenuti antisistema, eversivi e ferocemente anticapitalisti? Il pm milanese Fabio De Pasquale, che non deve aver mai fatto la fila di tre ore a Varsavia o a Mosca per acquistare due cetrioli, affermò: “Il capitalismo è una cosa sporca” (il Giornale, 10 ottobre 1996). Il dottor Michele Rusca, presidente del Tribunale d’Appello del Canton Ticino, pressato dalle richieste tutte riguardanti Silvio Berlusconi da parte del pool di mani pulite, lamentò, 14 gennaio 1998: “La politicizzazione della vita giudiziaria italiana sembra avere raggiunto livelli impensabili negli altri Stati europei”. Certo, decisivo fu per la soviettizzazione di mezza Italia il Governo Badoglio. Il maresciallo già implicato nella rotta di Caporetto, secondo i canoni della demeritocrazia, fu chiamato alla guida del Governo dopo il 25 luglio 1943. Benito Mussolini in stato di arresto poteva, dopo l’8 settembre, essere consegnato agli alleati, oppure, venir “suicidato” in carcere. Tutto si poteva fare di Benito, fuorché consegnarlo ad Adolf Hitler. Sul Gran Sasso, il 12 settembre 1943, non fu sparato un solo colpo contro i paracadutisti tedeschi. Il risultato fu più che disastroso:

1) Creazione della Repubblica sociale italiana (23 settembre 1943).

2) Guerra civile con i comunisti protagonisti della Resistenza e assurti a liberatori dal nazifascismo.

Quindi, dal rientro di Palmiro Togliatti in Italia, 27 marzo 1944, con il compitino assegnatogli da Iosif Stalin – sostenere Pietro Badoglio, ripulirsi dalla taccia di sovversivismo, tollerare la cornice liberaldemocratica, evitare tentazioni rivoluzionarie e, intanto, penetrare, infiltrarsi, inserirsi, condizionare l’opinione pubblica, sostenendo in primo luogo l’Urss e la sua politica estera – i dollari del Pcus sempre crescenti al Pci garantiscono la graduale occupazione di postazioni strategiche: la fascistissima Cinecittà diviene in breve “rossa”, stante la maledizione di chi staziona sul carro di Tespi (il bisogno di avere un padrone capace di ben ripagare, sostenere, premiare). Roberto Rossellini, regista di regime, collaboratore del film Luciano Serra pilota (1938), diretto da Goffredo Alessandrini e supervisionato da Vittorio Mussolini, nonché autore della “trilogia della guerra fascista”: La nave bianca (1941), Un pilota ritorna (1942), L’uomo della croce (1943), ci mette pochi giorni a diventare onorata icona antifascista. E così Vittorio De Sica, visto che i trascorsi fascisti – peraltro onorati con splendidi film – vengono dimenticati, grazie alla liaison con María Mercader, una sorta di assicurazione sulla vita, visto che si tratta della cugina di Ramon Mercader, il sicario di Stalin, che uccise a picconate Lev Trotskii.

Il giornalista fascista Enzo Biagi, già pagato, senza averne diritto, dal Minculpop, sino al 1944, recensore entusiasta del film antisemita Süss l’ebreo di Veit Harlan, sponsorizzato da Joseph Goebbels, si ripresenta agli italiani prima come partigiano, quindi come pontificatore e maestro di bon ton civico. Il Pci, intanto, conquista e occupa gran parte della letteratura, compresi i romanzieri più neri della pece come Vasco Pratolini, i quali, presi da pigrizia creativa, riscrivono gli stessi testi già fascisti, alternando semplicemente i buoni e i cattivi: un tempo, camerati eroi e comunisti criminali, ora il contrario. Tanto un Premio Strega arriva. Anche il mondo della intelligencija, tradizionalmente simile ad una lussuriosa “cocotte”, bisognosa di un protettore, meglio se mecenate prodigo di regali e di prebende, si adeguò. E il Pci non lesinò mai favori e lavori ben retribuiti. Soldi, soldi, soldi, ossessione e manìa finalizzate a costituzionalizzare il Pci, anzi a renderlo faro di sapere e di saviezza. Soldi, soldi, soldi, per la propaganda continua, per quotidiani, settimanali, riviste, per la scuola delle Frattocchie, per elefantiache organizzazioni tipo la Fondazione Gramsci.

A proposito, ecco altri denari proprio dalle opere di Antonio Gramsci editi dal compagno Giulio Einaudi e cosa importa se vedova e orfani del pensatore comunista vivono in miseria nell’inferno sovietico? Quei diritti d’autore spetterebbero a loro, agli eredi, ma il Partito glieli scippa impudentemente per decenni. Gramsci sarà pure un mito e un cognome da spendere ogni minuto, ma la carta moneta è più sacra della falce e del martello. La Scuola delle Frattocchie, ovvero l’Istituto di studi comunisti, fondato nell’ottobre del 1944 e chiuso nel 1993, si chiamò “Scuola centrale quadri Andrej Aleksandrovič Ždanov”, quindi prese nome, nel 1950, di “Istituto Togliatti”. Nel 1955 divenne "Istituto di studi comunisti", e, dal gennaio 1973, "Istituto di studi comunisti Palmiro Togliatti". La pedagogia costa, ma le Frattocchie ripagano ampiamente le spese, visto che da lì scaturisce gran parte di “Magistratura democratica”, parte del pool di mani pulite, tralasciando i professori, i genitori, gli psichiatri, i massoni “democratici”, cioè comunisti. La straordinaria capacità organizzativa, coniugata con l’infinita disponibilità economica, incrementata dalle tangenti italiane, spiega le stramberie, tipo Pci all’opposizione, eppure nessuna legge passa senza il suo consenso.

Oppure, l’aver criminalizzato l’anticomunismo sino a renderlo anticostituzionale e reato penale. Edgardo Sogno, medaglia d’oro della Resistenza, fu vittima di tale abnormità. Il Belpaese, purtroppo, è stato così imbruttito, al punto che, ormai, recarsi in stazione o in metropolitana è come entrare in guerra o camminare su terreni minati. La magistratura che si schiera con Carola Rackete contro l’Italia, i tribunali che non convalidano il fermo di clandestini colti in flagranza di reato, i giudici che sanzionano soltanto con l’obbligo di firma 12 anarchici, colpevoli di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, violenza privata. Danneggiamento, blocco stradale. Ebbene, questa giustizia ha reso brutto il Belpaese.

I 12 sedicenti anarchici, che offendono la memoria di Errico Malatesta, aggredirono lavoratori di polizia impegnati nell’accompagnamento presso il centro di permanenza e rimpatrio di Milano di un 31enne marocchino irregolare, con 13 gravi condanne, tra cui una per stupro di gruppo. Ebbene, codesti 12 obblighi di firma e nulla più mi fanno pensare – sbaglierò ma ne sono sicuro – che i dollari del Pcus e le tante tangenti arrivate al Pci e alle coop rosse, furono impiegati davvero fruttuosamente per fare dell’Italia l’ultima Repubblica sovietica.

Aggiornato il 16 settembre 2024 alle ore 10:02