Dalla rivoluzione khomeinista l’Iran ha un ruolo destabilizzante in tutto il mondo, Asia, Africa, America latina, lo stesso popolo iraniano è la prima vittima della cultualità della violenza e del terrore istituita dai mullah al potere da più di quarant’anni. Anni nei quali Teheran ha sostenuto e finanziato organizzazioni come Hamas, Hezbollah e nazioni considerate una minaccia incessante per la pace mondiale; ha violato l’Accordo sul Programma nucleare a scopi militari; ha sviluppato una politica di ingerenza espansionistica negli affari interni di altri Paesi, anche attraverso le proprie missioni diplomatiche nel mondo – paradigmatica la sentenza del Tribunale di Anversa contro il diplomatico iraniano Assadollah Assadi per aver pianificato un terribile attentato; ha esercitato pervasive e costanti violazioni dei diritti umani del proprio popolo. Le politiche e le azioni adottate dall’Unione europea per un regime change a favore della reale espressione dei desideri del vessato popolo iraniano si sono dimostrate essere inefficaci e simulatrici, come dimostrano le recenti cronache sul Paese impregnato del sangue delle vittime del vilayat-i faqih e del mahdismo.
Occorre più determinazione da parte dell’Unione europea, del mondo arabo, del mondo libero, di risolvere quella che oramai è “la questione iraniana”. Quante volte ripenso alle parole del diplomatico, Nobel, Henry Kissinger, quando poneva una questione ancora attuale: “Un Iran moderno, forte e pacifico potrebbe diventare un pilastro della stabilità e del progresso nella regione. Questo non può accadere a meno che i leader iraniani non decidano di rappresentare una causa o una nazione”.
Ad oggi l’Iran è una ancora “causa”. Nonostante il regime sanzionatorio e le condanne di Bruxelles, la necessità di invocare tale auspicata chiarezza nasce quando il totale degli scambi di merci tra l’Unione europea e l’Iran nel 2020 è stato di 4,5 miliardi di euro mentre nel 2021 con il precedente Governo Raisi le esecuzioni capitali aumentavano del 25 per cento rispetto all’anno precedente. Denari per foraggiare la struttura organizzativa della vasta rete di organizzazioni parastatali collegate e controllate dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche e dai mullah, che permeano gran parte dell’economia iraniana, miliardi di dollari liberati dalle sanzioni che hanno finanziato le numerose violazioni dei diritti umani in Iran o sovvenzionato organizzazioni radicali come Hamas e Hezbollah, l’organizzazione politica e paramilitare sciita libanese considerata solamente in parte dall’Ue come realtà terroristica, nonostante gli stessi affiliati abbiano reso noto di non esserci distinzioni tra ala politica e ala militare e nonostante esistano quantità enormi di prove sul coinvolgimento di diplomatici nelle attività terroristiche, nei traffici internazionali di stupefacenti e di armi riconducibili al Partito di Dio, longa manus dell’Iran, storicamente ben radicato nei cinque Continenti.
Occorre chiarezza, perché gemma di coerenza, imprescindibile per il successo di un’azione risolutiva per porre fine al letale potere dei clerici iraniani votati all’integralismo, con lo stesso spirito di coraggio e di comune sacrificio che sono necessari per combattere contro chi minaccia il mondo libero. Un mondo che potrà esclusivamente lottare per proteggere i propri stessi valori e le vite che ne dipendono. In questo contesto di crescente repressione, è importante sottolineare come i numeri delle esecuzioni in Iran abbiano raggiunto livelli allarmanti. Dopo la morte di Raisi e con le elezioni del nuovo governo, centinaia di iraniani sono stati giustiziati, un dato che evidenzia la brutalità del regime dei mullah e la sua spietata lotta contro qualsiasi forma di dissenso. Questo drammatico aumento delle esecuzioni non è solo un indicatore della severità del regime, ma rappresenta anche un chiaro monito sulle conseguenze devastanti delle politiche autoritarie in atto nel Paese. Queste esecuzioni di massa mettono in luce l’urgenza di una risposta internazionale decisiva, che non possa più accontentarsi di dichiarazioni di condanna, ma che richieda un’azione concreta per affrontare quella che è diventata una crisi umanitaria e politica. L’invasività delle violazioni dei diritti umani e il sistema di terrore istituito dai mullah non devono essere sottovalutati; anzi, devono diventare il punto focale per una riconsiderazione delle relazioni dell’Unione europea e della comunità internazionale con l’Iran.
È tempo di far sì che le richieste di libertà e democrazia del popolo iraniano siano ascoltate e sostenute attraverso politiche chiare e coerenti, al fine di interrompere il ciclo di sangue e oppressione che ha caratterizzato la storia recente del Paese. La lotta per un futuro migliore per l’Iran è anche una lotta per la sicurezza e la stabilità del mondo intero.
Aggiornato il 02 settembre 2024 alle ore 10:44