Un plauso per il ministro Gennaro Sangiuliano che ogni tanto ne indovina una, e questa sua iniziativa nel voler portare al Vittoriano, meglio noto come Altare della Patria (ma non lo chiamano così perché poi subito qualcuno si sveglia dagli scranni sinistri di Montecitorio e grida “fascisti”), una mostra temporanea sull’esodo giuliano-dalmata. Un genocidio perpetrato nel secondo dopoguerra contro genti italiane che grida giustizia al cielo, non meno delle violenze commesse durante lo sbarco americano nel territorio laziale e conosciute con l’infamante nome di “marocchinate”. Anche questa deve essere “memoria”, ricordo del male che l’essere umano sa compiere per pura bestialità, e se è giusto ricordare la tragedia della Shoah, altrettanto deve esserlo per i crimini commessi contro altri popoli, crimini che continuano ancora oggi, ignorati volutamente dai mezzi di comunicazione. Spero un giorno qualcuno voglia considerare tali anche lo sgancio delle due atomiche di Stato sul territorio giapponese nell’ormai lontano 1945.
Ancora il nostro infaticabile ministro dei Beni culturali, allo scorso meeting di Rimini ha attaccato verbalmente il “politicamente corretto” dicendo che “può portare l’Occidente alla decadenza”. Peccato che il buon Sangiuliano non si sia accorto che l’Occidente sia già crollato da un pezzo e non soltanto per via del pensiero unico e del politicamente corretto, ma anche per l’ignavia e l’incapacità di coloro che avrebbero dovuto difenderlo da determinate ideologie liberal-capitaliste, woke e atlantiste nel senso deteriore del termine. E questo, se ne facciano una ragione e ne prendano coscienza, è dovuto anche a una destra che non ha saputo essere culturalmente incisiva negli ultimi 30 anni.
Fratelli d’Italia in tanti anni di non-governo – a proposito, chissà se qualcuno dei nostri attuali amministratori politici è mai stato a Siena, a osservare con attenzione l’opera di Ambrogio Lorenzetti ancora oggi ben vedibile nel Palazzo pubblico di Siena, intitolata Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo. E sì, perché l’arte serve anche a questo, a comprendere le differenza tra il “bene” e il “male”, non soltanto a fare mostre istituzionali – non ha sviluppato alcuna vera formazione od organizzazione culturale. Si sono ritrovati lì, al potere, senza avere le basi che invece la sinistra e il centro (non intendo Forza Italia) ha sempre gestito dal dopoguerra ad oggi. Tutto in questa destra ruota intorno al “carisma” di Giorgia Meloni, per il resto circondata da nessuna figura di reale rilevanza culturale, anche se devo ammettere che su alcune cose non mi dispiace affatto l’operato del ministro leghista Giuseppe Valditara al Ministero dell’Istruzione.
Se a questo aggiungiamo i continui attacchi su un vizio antico tipicamente italico qual è il nepotismo, abbiamo il quadro completo e molto nitido di questo affresco che ancora non possiamo definire del “buon governo”. Il sistema “famiglia” funziona soltanto se i famigliari sono all’altezza del compito, ma non tutte le famiglie sono Medici, Este o Borgia. E questo è indubbio. Intanto, in tutto questo vociare, strepitare e agitarsi, il “motosilurante” del generale Roberto Vannacci continua silente la sua corsa. La prima prova del fuoco sarà a Viterbo il mese prossimo. Un momento molto particolare dove l’unica figura che sta emergendo a destra e che stia sostenendo tesi di destra vera – Gianni Alemanno a parte, questo gli deve essere riconosciuto – in un mare di attacchi e di polemiche, è il comandate del Col Moschin che si sta conquistando ogni giorno ampi spazi sui media sottraendoli ad altre figure governative.
Insomma, se Vannacci fonderà il “suo” nuovo partito e saprà creare proprio quella struttura culturale (e di comunicazione mediatica) che l’attuale destra di governo non ha saputo realizzare in tanti anni, avrà eccellenti possibilità di contrastare la deriva woke e del pensiero unico arcobaleno di una sinistra infiacchita e ormai priva di qualsiasi spinta propulsiva. Non ci resta che attendere l’evolversi degli eventi in quello che si preannuncia un autunno rovente per il nostro Paese e forse per il mondo tutto, mai come ora in bilico d’un conflitto di proporzioni epocali.
Aggiornato il 28 agosto 2024 alle ore 10:31