Il problema si pone. E da ambo le parti. Cambiando l’ordine dei fattori, il risultato è lo stesso: che ci sta a fare la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan nella Nato? Se il regime è filo-Hamas, contro Israele, vantandosi dell’odio antiebraico, se è alleato della Russia e della Cina e se strizza l’occhio pure all’Iran, in barba alla diversa fede interislamica – sunnita la Turchia e sciita l’Iran – che affidabilità atlantica può dare in caso di allargamento del conflitto mediorientale? Sarebbe un alleato, una quinta colonna o magari tutti e due?
I fautori dell’ambiguità geopolitica e del “diverso ordine mondiale”, ma sarebbe più giusto dire del “diverso caos geopolitico” – in pratica un casino globale dove il primo che si alza si veste con l’Onu ridotto alla impotenza e alla irrilevanza, quando non alla ontologica vergogna, condizioni mai toccate neanche dalla famigerata Società delle Nazioni di Thomas Woodrow Wilson – se ne fregano e dicono che tutto va bene. Ma se si vuole cacciare Viktor Orbán e la sua Ungheria per la pregressa e mai rinnegata amicizia con Vladimir Putin, che si dovrebbe fare, da parte della Nato, con un autocrate che ondeggia tra Occidente e Oriente, sperando di ritagliarsi un neo Impero ottomano in sedicesimo, e che mette tutti in imbarazzo a giorni alterni?
I più smaliziati, come l’acuto commentatore Mariano Giustino, titolare di una rubrica cardine a Radio Radicale su Turchia e Iran, notano che Erdoğan abbaia ma poi, alle università turche, al contrario di molte occidentali, non viene dato incoraggiamento alcuno a boicottare i preziosi rapporti scientifici con quelle israeliane. E, d’altronde, gli atenei si guardano bene dall’interrompere i rapporti con le omologhi presenti in Israele. Né vengono incoraggiate manifestazioni studentesche in tal senso. E da quelle parti, se non ti incoraggiano e tu invece ti incoraggi da solo, finisci pure male. Tuttavia, anche alla propaganda per gonzi si dovrebbe porre un limite: minacciare l’invasione dello Stato ebraico per “épater la bourgeoisie” (“sbalordire il borghese”) turco rischia di alimentare aspettative pericolose.
Un tempo, alle latitudini tra Istanbul e Ankara, ci pensava l’esercito con ripetuti colpi di Stato a raddrizzare i politici che si allargavano troppo. Ma adesso questo presidente in carica da oltre 20 anni dimostra di controllare tutto e tutti. Inoltre, un golpe è già riuscito a sventarlo. Che fare, quindi, prima di essere costretti a dire a Erdoğan di togliere il disturbo dalla Nato?
Circostanza non remota se a Donald Trump – o anche a chi per lui – saltasse la mosca al naso? Una soluzione potrebbe essere quella di non vendere alla Turchia più quegli armamenti sofisticati con cui, più che difenderci con la deterrenza da Putin e Xi Jinping, ha dato la caccia e sterminato tutti i curdi, possibili e immaginabili. Comunque, quando fa gesti come mettere la bandiera a mezza asta in tutte le ambasciate europee, americane e persino in Israele per la morte di un capo-terrorista, qualcuno farebbe bene a dirgli una parolina all’orecchio, sussurrandogli un’offerta che anche lui non possa rifiutare.
Aggiornato il 06 agosto 2024 alle ore 09:23