Un Brindisi al Re Sòla

Sassolini di Lehner

Legittimato dal sacro diritto costituzionale di aprire bocca e dare fiato, o digitare, Giuseppe Brindisi esterna su X: “Leggere certi commenti carichi di bile per le immagini che arrivano da Parigi, non ha prezzo”. Pare che il messaggio fosse rivolto al meloniano Nicola Procaccini. Eppure, non c’è bile, semmai ironia, nelle parole di Nicola, a proposito dell’oscena incongruità, peraltro blasfema e kitsch, in apertura dei Giochi (“Mi è piaciuta molto la cerimonia del gay pride, sapete quando è prevista quella delle Olimpiadi?”).

Una sospettosa scuola di pensiero spiegherebbe la gratuita sortita secondo i canoni del “tengo famiglia”, cioè visto che lavoro per Mediaset, meglio assecondare la non felicissima sortita di Marina Berlusconi sui diritti degli omosessuali e la correlata empatia con quella sinistra dalla quale Silvio si tenne il più lontano possibile. Marina, insomma, glissò sulla persecuzione senza fine della sinistra verso il padre ritenuto evidentemente senza diritti, privo financo del diritto di esistere e rimanere incolume.

Il volto insanguinato di Berlusconi, 13 dicembre 2009, fu la memorabile icona scaturita dalla caccia all’uomo scatenata dall’informazione e dalla politica sinistroidi, oggi, tutte schiacciate sul diritto alle pagliacciate. Una scuola di pensiero di tipo politichese spiegherebbe le parole di Giuseppe in previsione di una candidatura blindata nel nuovo partito auspicato dalla testé divorziata Francesca Pascale, l’ammucchiata contronatura tra Forza Italia e Partito democratico. Tuttavia, anche per Marina un conto dovrebbero essere i diritti di tutte le sponde alternative, un altro il cattivo gusto di rappresentare un baccanale o una pseudo ultima cena con una donna cannone al posto di Cristo, transessuali e drag queen in luogo degli apostoli. C’era pure una bambina, forse, per non far torto ai diritti dei pedofili.

Giuseppe Brindisi, da secchione che evidentemente vuole salire più in alto possibile, sino alla nomina di capoclasse, se ne esce con una saccente filippica da neo-alfabetizzato di sinistra: “Ma adesso chi glielo spiega ai bifolchi, ai razzisti e agli omofobi che gli atleti nell’antica Grecia gareggiavano nudi, che a Olimpia l’omosessualità era accettata ed esibita, che i “guerrieri” Achille e Patroclo erano amanti? Ahhh… L’ignoranza”. Bifolchi, razzisti e ignoranti sarebbero, dunque, vescovi e cardinali che hanno stigmatizzato non l’omosessualità, bensì la gratuita blasfemia insita nella mostruosa esibizione di cattivo gusto e di insensatezza dell’ultima cena in versione sberleffo verso un miliardo di cristiani. Si provi Brindisi, avendone il fegato, a giustificare consimili empietà verso il profeta Maometto e l’Islam. Si ritroverebbe o defunto oppure tra i razzisti e gli islamofobi. Infatti, hanno vigore penale le tacce di antisemitismo o di islamofobia, ma nel mondo dell’inclusività ipocrita non è di moda il reato di cristianofobia.

L’ignoranza non si nega a nessuno, tanto meno a Brindisi, il quale ignora che la nostalgia degli atleti nudi, dei maschiacci col pacco a penzoloni, fu propria dei nazisti, giammai dei liberaldemocratici. Si alfabetizzi meglio, leggendo uno dei bestseller tedeschi degli anni Trenta, L’uomo ed il sole (Mensch und sonne), copiosa raccolta di fotografie di ariani purissimi, nudi integrali in palestra e sulla neve, che praticano vari sport o che danzano leggiadri.

Qualcuno dovrebbe spiegargli, inoltre, che dopo gli elleni vennero San Paolo che universalizzò la setta ebraica dissidente e il cristianesimo, i quali esaltarono la centralità della donna e definirono abominevole l’omosessualità maschile. Del resto, già il Creatore, all’insaputa di Brindisi e senza neppure l’educazione di chiedergli il permesso, aveva abbrustolito a fuoco e zolfo i sodomiti non tanto perché pederasti, quanto per la loro chiassosa, sguaiata, pagliaccesca, aggressiva esosità. Il kitsch fu arso, dunque, la prima volta da quel bifolco, omofobo, razzista primordiale, che ci regalò il Decalogo e la ragion pratica.

Non avrei mai nemmeno potuto immaginare che Emmanuel Macron – il Re Sòla, assiso ben al coperto, lasciando Sergio Mattarella sotto la pioggia battente – seguito a ruota dall’intemerata di Brindisi, avrebbe potuto dare argomenti a Kirill, il patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, già ufficiale emerito del Kgb. Kirill accusò l’Occidente di satanismo e io, da bifolco, lo presi per lo scemo del villaggio putiniano, senza sospettare che c’era gente a me vicina pronta a fornirgli altre fascine per il rogo di noi tutti, in ombra di fedeltà al Demonio. L’ultima cena oscena e non poco luciferina, nonché le esorbitanti sparate di Brindisi, soccorrono e alimentano le pericolose psicosi guerrafondaie di Kirill.

In quanto, poi, all’omosessualità nel mondo antico, il maestrino Brindisi rivolge ai presunti omofobi una lezioncina piena di lacune. Se avesse affrontato con profitto il liceo classico, avrebbe contezza dell’omosessualità com’era rivenduta, ad esempio, da Platone. Mi riferisco al disprezzo nei confronti della donna, da amare solo in funzione della procreazione. Un amore di per sé materiale e infimo, rispetto a quello puro, purissimo e quasi metafisico del vegliardo verso il ragazzino. La donna esiste, dunque, in quanto femmina gravida, per il resto è un pezzo di carne e nulla più. In proposito, i pedofili alla Socrate s’inventarono la Venere figlia di Urano, dea dell’amore puro col ragazzino, distinta dalla Venere generata da Dione, dea dell’amore volgare: un vero schifo, perché praticato nientemeno che con la propria moglie terricola. Ad Atene, la creatività omosessuale s’inventò anche Santippe, presunta moglie becera di Socrate, ritratto perfetto per odiare in eterno la donna dipinta come rompiscatole naturale.

Platone, un pochino più acculturato e previdente del nostro Giuseppe, essendo consapevole che la pederastia in forma di pedofilia – il ragazzino da amare doveva risultare del tutto glabro, ergo non ancora giunto all’età dello sviluppo – aveva bisogno d’essere schermata e trasfigurata in pedagogia. Anzi, al fanciullino bizzoso e sospettato d’infedeltà qualsivoglia vecchiaccio vizioso usava minacciarlo, dicendogli in campana, bel fighetto... quando ti cresceranno gli ispidi peli sull'epidermide divenuta cotica, nessuno più ti cercherà.

Il rapporto pederastico tra l’erastés (l’amante) e l’eròmenos (il fanciullo amato), insomma, veniva, perciò, innalzato ad alta scuola di estetica, etica, filosofia teoretica, arte della politica, senso civico. Il vecchio bavoso teso a sedurre il ragazzino, dunque, non lo faceva mica per il proprio piacere! Anzi, amandolo, si caricava sulle spalle il delicato onere di psicagogo, di educatore delle anime in cammino verso la verità. Ipocrisia volpina, raffinata, colta, comunque niente a che fare con il cattivo gusto dei gay pride.

Nell’antica Roma, l’omosessualità era accettata solo se attiva. La passività (la vera frociaggine – riprendo il lessico di Papa Bergoglio – o il culo chiacchierato, citando l’indimenticabile Gigi Proietti), era condannata e derisa, anzi sinonimo di ignominia. Per canzonare e ricondurre con i piedi per terra il pur grandissimo Giulio Cesare, gli si urlava: “Marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti”.

Egregio, Brindisi, poi venne Gesù Cristo, il vero grande femminista, e tutto cambiò gradualmente in meglio, di talché anche noi laici ed agnostici non possiamo non continuare a dirci giudaico-cristiani. Infatti, l’Europa, la nostra Europa, rinacque e si radicò sui fondamenti giudaico-cristiani non sulla pederastia di Atene o di Sparta e nemmeno sulle macroniane pagliacciate da circo trans.

Aggiornato il 30 luglio 2024 alle ore 13:07