Abbiamo dedicato, sì, troppo del nostro prezioso e impagabile tempo a questa squallida pagliacciata della cerimonia d’apertura parigina ai Giochi Olimpici. Quindi, con questo articolo ritengo di aver chiuso l’argomento, ma qualcosa ancora mi corre l’obbligo estetico e non solo, di dire. Innanzitutto va riconosciuto a tutti i nostri amati politici di destra, centrodestra, affini e affiliati vari, di essersi fatti sentire su tale scempio rigorosamente soltanto “via social”, mentre in un Paese oppressivo e teocratico, come l’Iran, leggo che l’ambasciatore francese è stato convocato per esternargli la protesta da parte della Repubblica contro la “raffigurazione offensiva” del profeta Issa (per noi più familiarmente noto come Gesù Cristo) durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi.
Ma lo sappiamo, noi siamo “cattolici” (a parole) e dunque comprensivi, tolleranti (ma quelli tolleranti non erano i protestanti?) e pure inclusivi nonché democratici e antifascisti sempre, quindi non è che potevamo fare come quelli là col turbante in testa, che sono rimasti al Medio Evo e chiarire alcuni concetti base all’ambasciatore francese, se proprio non si volevano disturbare direttamente l’Eliseo ed Emmanuel Macron in persona. Di cosa abbiamo paura... (di tante, troppe cose, lo so), che i nostri cugini dalla baguette facile ci invadano come hanno già fatto per secoli? Tanto le lumache le mangiamo anche noi.
Quindi, dopo esserci complimentanti con lo Stato maggiore politico e culturale italiano, a cominciare dall’insuperabile ministro Gennaro Sangiuliano, passiamo alle “scuse” (fonte Ansa) di Thomas Jolly, il creatore della Cerimonia di apertura dei Giochi, in una sua intervista rilasciata alla Bfm Tv: “Non era l’Ultima Cena la mia ispirazione. Credo fosse abbastanza chiaro che si trattava di Dioniso che arriva a tavola, è il dio della Festa, del vino e padre di Sequana, la dea legata al fiume. L’idea era una grande festa pagana, legata agli dei dell’Olimpo... Olimpo, Olimpo, spirito olimpico”.
Perciò l’organizzazione dei Giochi Olimpici di Parigi 2024 si è scusata dicendo: “Se qualcuno si è sentito offeso, ovviamente, la nostra intenzione non era di mancare di rispetto a un gruppo religioso, qualunque esso sia. Al contrario, la nostra intenzione era mostrare tolleranza e comunione. Se qualcuno è stato offeso, noi ce ne scusiamo”.
Benissimo, fingiamo di crederci e accettiamo le scuse, per evitare ulteriori incidenti diplomatici, ma non è che possiamo sempre subire dei torti alla nostra intelligenza, e allora diciamo che se anche così fosse, restando fermi sul pessimo gusto e la sgradevole rappresentazione estetica che nulla ha a che vedere né con le feste in maschera rinascimentali a carattere paganeggiante, né con quelle barocche, la situazione non cambia.
Non muta d’una sola iota perché resta sempre comunque la volontà evidente di ridurre tutto ciò che esiste di sacro nella tradizione europea, non soltanto cristiana, ma anche in quella greco-latina, a una carnevalata con drag queen, transessuali e altro e per quanto fossero licenziose (e lo erano molto) le feste tra Quattrocento e primo Settecento, lasciatemi dire che nessuna aveva simile mancanza di buon gusto. Forse perché all’epoca si conosceva benissimo la cultura pagana come quella cristiana e si aveva rispetto di entrambe, così come c’era rispetto per gli stessi generi sessuali. So per certo di molti omosessuali che si sono indignati e disgustati non meno di tanti etero nel vedere quella riedizione fuori luogo del gay pride. E lasciamo stare Dioniso, che è una divinità misterica dall’antico culto orientale e che certamente non sarebbe lieto di vedersi raffigurato in un simile consesso. Forse qualcuno ignora la “violenza” rituale del Tiaso e il Dio che danza, il Dio Pantera, avrebbe fatto scempio, cantando ebbro, di simili mancanze di rispetto. Quindi il Cristianesimo alla fine, come si può facilmente vedere, risulta essere più benevolo e perdona, però, molto meglio una serata al Crazy Horse, grazie.
Infine, se si osserva il dipinto addotto come fonte per la kermesse fluida e inclusiva, ovvero il Festino degli Déi di Jan Harmensz van Bijlert, non si può trattenere una risata perché è molto, anzi moltissimo, differente dalla raffigurazione “leonardesca” utilizzata come traccia per il tableau vivant dell’altra sera. Ma noi facciamo finta di credere ai francesi anche perché, lo confesso, è una nazione splendida, ricchissima d’arte magnifica, dove si mangia benissimo, nonostante ci siano ancora tutti i cascami dell’illuminismo settecentesco, una marea di sanculotti fuori tempo con il berretto frigio moscio. La Saint-Chapelle ancora resiste e Gaston III di Foix combatte con noi. Chissà se resisteranno altrettanto i letti di cartone dove “dormono” gli atleti... mah!
Aggiornato il 30 luglio 2024 alle ore 12:15