Sassolini di Lehner
Nel 1978, quando sui muri delle maggiori città spiccavano scritte tipo “Ps=Ss”, scrissi Dalla parte dei poliziotti (Mazzotta, Milano), a difesa dei lavoratori di polizia picchiati, oltraggiati, insultati, diffamati da marx-leninisti immaginari, quasi tutti figli di papà con le mani senza calli e i colli riscaldati dalle sciarpette di cachemire. Quel libro dispiacque alla Cgil e ai salotti buoni, proprio perché svelava la tremenda verità: coloro che, a parole, dicevano di lottare per i lavoratori, erano soliti sputacchiare e aggredire, se non peggio, il proletariato in divisa.
Ho sperato, invano, che le cose cambiassero. Ma se oggi i poliziotti, rischiando l’incolumità fisica e prendendosi ingiurie (“sbirri bastardi!”), difendono sedi istituzionali o ambasciate dalle manifestazioni violente dei pro-Pal, allora ci risiamo: ecco la criminalizzazione del lavoratore di polizia, quando è costretto a usare il manganello sui violenti. E le stigmatizzazioni, talora, possono provenire addirittura da cime istituzionali.
A La Spezia, dopo una rissa, viene fermato per un controllo dei documenti un boliviano. Questi si presenta per quello che è, sferrando un cazzotto a uno degli agenti. Viene ovviamente arrestato. Il magistrato considera il fatto di lieve entità, quindi l’arresto non viene convalidato. Viene disposta, di conseguenza, l’immediata liberazione dell’aggressore. Il segretario provinciale spezzino del Sindacato autonomo di Polizia (Sap), Alessandro Cariola, osa definire la decisione un “fatto frustrante, che delegittima ancora una volta l’operato dei colleghi”. Gli intimano di tacere perché, esprimendosi in tal modo, attenterebbe all’indipendenza e all’autonomia della magistratura. Verrebbe da pensare male, cioè che sulla scia del famigerato slogan comunista (“uccidere un fascista non è reato”) picchiare un poliziotto non costituisca reato.
Sopravviene tra i neuroni sbalorditi un altro cattivo pensiero rivolto in foggia di sfida all’innocente boliviano: egregio bullo, prova ad immaginare di assestare un potente gancio destro alla mandibola di un magistrato. E domandati se il tuo cazzotto sarà considerato “fatto di lieve entità”. Se ci tieni alla salute e alla libertà, il pugno devi solo figurartelo, giammai sferrarlo.
Aggiornato il 19 luglio 2024 alle ore 13:09