A questo breve intervento introduttivo conto di aggiungerne altri, data la fondamentale importanza dell’argomento: la deriva mediatico giudiziaria che, secondo una brillante osservazione dell’ottimo Edoardo Montolli, comincia a manifestarsi in questo disgraziato Paese a partire dalla controverso caso di Lorenzo Bozano, risalente al lontano 1971. Da quel momento, secondo una attenta analisi statistica elaborata dallo stesso giornalista, tutti i casi finiti sotto i riflettori dell’informazione radio televisiva si sono conclusi con una condanna degli imputati, tranne un paio di casi: l’assoluzione in appello di Raniero Busco, fidanzato all’epoca dei fatti di Simonetta Cesaroni, e quella assai più estenuante in quarto grado di giudizio celebrato in Cassazione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, accusati dell’omicidio di Meredith Kercher.
Ma a parte ciò, l’indecente spettacolo di molti talk televisivi che improvvisano processi, mettendo regolarmente alla gogna gli indagati di turno, raccontando spesso vergognose leggende metropolitane, è oramai divenuta una prassi acquisita. Intorno a questi programmi, perennemente colpevolisti a prescindere per ciniche ragioni di audience, ruotano orde di famelici “opinionisti” che non aspettano altro che un arresto o un semplice avviso di garanzia per poter esprimere nelle forme più disparate il seguente concetto: se la procura ha aperto un fascicolo o ha richiesto una misura cautelare su chicchessia, ciò significa in modo inconfutabile che costui o costoro qualcosa di grave hanno sicuramente commesso.
A questo proposito, una plateale dimostrazione l’abbiamo avuta mercoledì scorso, durante la puntata pomeridiana di Pomeriggio Cinque News, condotta su Canale 5 da Simona Branchetti. In collegamento per il caso del povero Alex Marangon, di cui le cause della morte non sono state ancora accertate, con l’avvocato dei proprietari della struttura in cui si sarebbe svolto il rito sciamanico, è stato messo in piedi una sorta di atto di accusa nei riguardi dell’evento e di gran parte dei partecipanti. Caterina Collovati, in particolare, ospite fissa in questi salotti nel ruolo di colpevolista a tutto tondo, recisamente contrastata dallo stesso avvocato, ha sciorinato tutta una serie di certezze granitiche – che granitiche non sono affatto – raccolte qua e là nel mare magnum del chiacchiericcio che anima questo tipo di informazione disinformata, malgrado le necessarie e complesse analisi scientifiche siano ancora ben lungi dall’essere state completate.
Inoltre, cosa ancor più grave per una persona in possesso di una laurea in giurisprudenza, la conduttrice, nel sottolineare la partenza dei due famosi curanderos, che per la cronaca non sono stati per ora neppure indagati, ha più volte dichiarato di non comprendere il motivo per cui costoro si “sarebbero dati alla macchia”. Il giorno successivo, poi, lo stesso programma è riuscito addirittura ad andare oltre sul caso di Pierina Paganelli, per la cui uccisione è stato arrestato il vicino di casa Louis Dassilva. Ebbene, evidentemente dando per assodata la colpevolezza prima ancora del rinvio a giudizio, il giornalista in collegamento nel luogo in cui si è svolto il crimine ha percorso con le telecamere le tre possibili vie di fuga attraverso le quali sarebbe potuto defilarsi il Dassilva, dopo aver commesso l’omicidio.
Insomma, in questi programmi la presunzione costituzionale di innocenza non viene assolutamente contemplata, cavalcando con una imbarazzante disinvoltura la pancia colpevolista di un pubblico che, evidentemente, si sente particolarmente rassicurato nel vedere regolarmente sbattuto in prima pagina il mostro di turno predestinato. D’altro canto, se per questi “geni” un semplice avviso di garanzia vale come una sentenza passata in giudicato, perché perdere tempo nelle aule di giustizia, quando il processo è stato già ampiamente celebrato nei vari studi televisivi? Tanto, come ci dicono i dati, il risultato finale, ovvero un verdetto di colpevolezza, risulta assolutamente scontato in partenza.
Aggiornato il 19 luglio 2024 alle ore 10:42