Come è noto anche ai sassi, il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti si trova agli arresti domiciliari oramai a tempo indeterminato, dal momento che i giudici del Riesame hanno respinto l’istanza di revoca degli stessi. Nel frattempo a Roma, ben 10 persone indagate hanno da poco subito la stessa sorte, ovvero un gruppo di operatori socio-sanitari del Centro di educazione motoria (Cem), gestito dalla Croce rossa italiana. Cinque di essi, in particolare, sono accusati di torture ai danni di alcuni loro pazienti, mentre per gli altri si tratterebbe di maltrattamenti, con l’ipotesi del reato di violenza sessuale in un caso, in quanto l’indagato in una circostanza avrebbe molestato un paziente. Come si vede, rispetto alle fumose accuse mosse nei riguardi di Toti, si tratta di addebiti assai gravi, sebbene occorra sempre partire dal presupposto costituzionale che tutti sono innocenti fino a sentenza passata in giudicato. Ora, tra le due situazioni, molto distanti tanto sul piano geografico che su quello fattuale, un amico mi ha fatto scorgere un evidente paradosso.
In estrema sintesi, se da un lato il prolungamento della misura cautelare di Toti appare del tutto sproporzionata e immotivata (assurdo ritenere che vi sia un pericolo di reiterazione del presunto reato avendo gli occhi addosso di tutta la stampa nazionale), dall’altro lato, la flemma, se così vogliamo dire, con cui si è giunti ad arrestare i dieci indagati di Roma risulta altrettanto surreale, visti proprio la natura delle condotte messe in evidenza dagli inquirenti. Infatti, mentre le indagini effettuate dai carabinieri su mandato della Procura di Roma si sono svolte dall’aprile al novembre del 2023, le misure cautelari adottate sono state prese dopo ben otto mesi. Un tempo infinito, anche ipotizzando che solo in un caso accuse tanto gravi e lesive della dignità umana si fossero rivelate fondate da prove schiaccianti. Francamente tra l’esigenza di tutelare i cittadini liguri, consentendo al loro presidente di Regione di continuare ad amministrarli in attesa di potersi eventualmente difendersi nel processo – anche se ancora non ci sia stato alcun rinvio a giudizio ai suoi danni – e la necessità di impedire rapidamente la reiterazione di torture a maltrattamenti su persone disabili non mi sembra che ci possa essere partita. Ma se c’è, i maligni potrebbero sostenere, è perché altre inconfessabili ragioni sembrano entrare in campo. Ovviamente sono solo semplici congetture.
Aggiornato il 19 luglio 2024 alle ore 09:48