Dio salvi Trump e Luca

Sassolini di Lehner

Il mio coetaneo Joe Biden, maledetta senescenza, ha solo scelto male le parole, dicendo – qualche giorno prima dell’attentato a Butler, in Pennsylvania – che bisognava mettere Trump “nel mirino”. Non so se George Soros intendesse qualcosa di cruento, affermando: “Trump andrà fermato”. Salvo l’imbranato Biden, giammai il matricolato Soros. Non salvo neppure Corrado Augias, alias Donat, che, con l’umanità tipica di chi ebbe rapporti con l’Stb – il Kgb cecoslovacco – ha commentato: “Sono cose che non s’imparano, semplicemente si fanno se uno ha dentro di sé una naturale potenzialità istrionica, la consapevolezza che la lotta politica si fa anche esibendo le conseguenze di un attentato mancato”.

Antonio Tajani, a riprova che nel tremebondo centrodestra, pronunciare il cognome di Donald può essere un tabù, a caldo, ha subito manifestato solidarietà non a Trump… bensì agli Stati Uniti, evidentemente feriti all’orecchio. La solidarietà mia e dell’Opinione va, invece, a Corey Comperatore, l’ex pompiere colpito a morte dal proiettile che ha sfiorato Trump e ai due feriti gravi, David Dutch e James Copenhaver.

Un dem meno umano di Joe, rivolgendosi all’attentatore, ha scritto: “Non giustifico la violenza, ma ti prego di prendere lezioni di tiro per non sbagliare la prossima volta”. Roberto Saviano, evitando di essere indiziato di crisi di nervi per profonda delusione, ha osservato: “Il proiettile che ha sibilato all’orecchio di Trump, ferendolo, ha trasformato Trump in vittima. Chi in queste ore si danna per quei pochi centimetri che avrebbero permesso al proiettile di chiudere la partita con uno dei peggiori leader politici dei nostri tempi, non si rende conto che nessuna cospirazione può sostituire la democrazia, nella violenza la democrazia muore”. Peccato che il rinomato autore di plagi non abbia dismesso il vocabolario del saccente che sputacchia disprezzo (“uno dei peggiori leader dei nostri tempi”).

Dare della bastarda all’avversaria politica e non temperare, misurando le parole, è il vizio dei cattivi maestri. Un difetto che, talora, genera mostri e assassini. Dopo la forsennata, annosa campagna di giornalismo imbarbarito, demonizzante e violento, il volto insanguinato di Silvio Berlusconi ne fu l’esito necessario. Vedi il pro-Pal Laurent Guyénot, il furioso pazzoide antisemita, talmente eccessivo da ridurre Heinrich Himmler a maestro di tolleranza, il quale ha scritto: “La psicopatia collettiva di Israele non è genetica, è culturale, ma si è formata in tempi molto antichi, e quindi è radicata nel subconscio ancestrale (qualunque cosa sia): in ultima analisi, proviene dal dio geloso inventato dai Leviti per tenere sotto controllo le tribù affamate che partirono alla conquista della Palestina circa tremila anni fa. Per nascita, Israele è la nazione del dio psicopatico”. Guyénot, che ha definito “psicopatico” il Creatore e che piace, perciò, all’avvocato Nicola Quatrano – il Partito democratico è stato costretto in extremis a scaricarlo, per aver dato implicitamente della psicopatica a Liliana Segre – dopo aver attribuito l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy alla “potente lobby ebraica”, forse non esiterà a indicare nell’attentatore Thomas Matthew Crooks un diligente studente di scuola psico-rabbinica. Per costui, insomma, bisogna liberare il mondo dagli ebrei, come a dire: eliminare un israelita non è reato. Del resto, una toga rossa italiana, cimentandosi in un improbabile ingaggio sociologico, inviò un avviso di garanzia al Dio della Bibbia, prototipo, secondo il togato, del boss mafioso.

Le parole, dunque, possono diventare pietre per lapidare l’eretico e, a volte, assumono forma di bestemmie o di proiettili. Eppure, l’eresiarca Donald Trump è tanto politicamente scorretto quanto grande e unica speranza di pace. O, forse, proprio per questo, dispiace agli atlantisti, sino a che la morte non li separi da questo porco mondo. Se fosse eletto alla presidenza degli Stati Uniti, secondo la tradizione repubblicana, isolazionista e non imperialista (chiusura delle guerre aperte, sostenute, finanziate dagli imperialisti democratici), con tutta probabilità Trump risparmierebbe alla popolazione ucraina il massacro a tempo indeterminato, costringendo Vladimir Putin e Volodymyr Zelens’kyj all’armistizio e al trattato di pace.

Credo che Guido Crosetto e Giorgia Meloni dimostrerebbero acume e lungimiranza politica se in attesa di Trump, e stoppando la corsa a fornire nuovi missili a Kiev, cominciassero a prendere le distanze dagli accenti irresponsabili di Jens Stoltenberg, promotore di azioni di guerra più distruttive possibili nel territorio della Federazione russa. Il centrodestra tenga a distanza l’ambo a perdere: Olaf Scholz, già sodale di Putin, come oggi lo è di Xi Jinping, ed Emmanuel Macron, l’inetto guerrafondaio fanfaron, novello Tartarino di Tarascona. Meloni e Crosetto, insomma, la smettano col supporto acritico alla guerra per procura, firmata Joe Biden.

L’Esecutivo italiano sia neutrale e fautore di pacificazione, seguendo l’esempio del saggio generale Francisco Franco, il destro non maldestro, che tenne la Spagna lontana da Adolf Hitler. Prenda a emblema anche gli astuti elvetici, che dalla neutralità ricavarono rispetto internazionale e soprattutto miliardi di miliardi. Moltiplicare i profitti delle industrie statunitensi di armamenti (vedi i 59 miliardi di fatturato della Lockheed Martin e gli utili macroscopici di Raytheon Technologies, Northrop Grumman, Boeing e General Dynamics) e pretendere di mettere all’angolo lo zar Vladimiro, potrebbe tradursi in un business per alcuni, ma nefasto per l’umanità.

Giorgia e Guido, non vi chiedo di piantarla con l’atlantismo a tutti i costi per salvare i Nicola Quatrano, i Roberto Saviano, i Laurent Guyénot, i Corrado Augias. Per costoro, per le Ilaria Salis, gli Aboubakar Soumahoro, le Donatella Di Cesare, i Patrick Zaki e, in fondo, pure per tutti noi innocenti, non affetti da comunismo, da connivenze con la Lubjanka, da brigatismo rosso, da proPal-Hamas, potrebbe andar bene la soluzione finale, gridando fatalisticamente: “Muoia Sansone con tutti i filistei”.

Giorgia e Guido non pensate, dunque, a noi umani e ai disumani, ma almeno all’eroico microrganismo presente sulla Terra da quattro miliardi e duecento milioni di anni, denominato Luca (Last universal common ancestor) da scienziati italianisti. Luca c’è da sempre. È il babbo di tutti noi. Ha creato l’ecosistema, assai prima che i valigioni zeppi di cartamoneta, destinazione Unione europea, premessero per ridurlo a giungla, se non a brodo primordiale. Salvate papà, ovvero il soldato, pardon, il microbo Luca, il nostro antenato!

Aggiornato il 16 luglio 2024 alle ore 09:55