In Francia si guarda con paura all’avanzata delle destre tanto che al secondo turno si è fatta massa critica per creare un indistinto fronte alternativo capace di generare la sconfitta di Marine Le Pen. Non è dato sapere se la mossa restituirà l’instabilità tipica di un Parlamento frammentato, porterà ugualmente alla coabitazione o provocherà altri scenari. L’importante è fermare le destre, azzopparle, ostacolarne la capacità di governare anche se ciò dovesse creare nocumento al Paese.
Stessa cosa dicasi per gli Stati Uniti, ove si preferisce un uomo fiaccato dall’età al comando della Nazione più potente del mondo (circondato da badanti più che da collaboratori) pur di non consentire la vittoria di Donald Trump (sotto la cui amministrazione la conflittualità mondiale fu di gran lunga più tenue).
Se in Gran Bretagna invece vincono i Laburisti, la stampa saluta l’evento come fosse un trionfo in grado di “liberare” il Regno Unito dal pluriennale dominio conservatore costellato solo di disastri.
In Italia manco a dirlo: si creano “fronti popolari” benedetti dall’Anpi, non si fa altro che parlare di fascismo, si grida all’occupazione del potere, ci si indigna per l’ipotetica compressione della libertà, si guarda con paura alle riforme istituzionali antidemocratiche e si bolla come un disastro qualsiasi cosa che provenga da Palazzo Chigi. Forse farebbero bene a coniare un comunicato stampa omnibus di protesta per condannare gli atti governativi passati, presenti e futuri. Più pratico e sbrigativo.
Fuor di battuta, potremmo affermare che è statisticamente impossibile, intellettualmente sospetto e politicamente puerile l’atteggiamento di chi promuove a prescindere qualsiasi cosa provenga da sinistra, agitando invece lo spettro del tracollo e della paura contro qualsiasi cosa provenga da destra. Non si può giubilare per le vicende inglesi prima ancora di vedere gli atti governativi o in alternativa dire che Joe Biden in quelle condizioni è perfetto solo perché dall’altra parte c’è Trump (sarebbe stato lo stesso con un altro candidato). Questo non solo perché trattasi di un atteggiamento grottesco, ma anche perché costituisce il giusto alibi per una sinistra tenuta insieme dall’avversione verso i nemici.
E quindi non abbiamo un programma? Va bene, siamo pur sempre i buoni che si frappongono tra la destra e il Palazzo. Non abbiamo una coalizione coesa e coagulata intorno a un’idea di Paese? Non è necessario, noi progressisti in fin dei conti stiamo liberando il Paese dal fascismo. Pronunciamo discorsi vacui da fricchettoni tutto sesso, droga e rock and roll mentre il mondo brucia e la fame aumenta? Mica possiamo fare tutto noi, d’altronde noi già facciamo da argine alle destre.
Questo, lungi dall’essere un discorso atto a perculare la sinistra, è un ragionamento a difesa della sinistra. Sì, perché se essa continuerà a considerarsi l’unica titolata a poter governare, avrà trovato il giusto alibi per non progredire, per autoassolversi dalle proprie mancanze frignando se gli altri vincono. Il tutto nascondendo sotto il tappetto le proprie mancanze, come ad esempio la cannibalizzazione dei propri segretari capaci di durare pochi mesi onde poi perire schiacciati dal peso del loro niente. Nelle legislature precedenti è capitato molto spesso che la sinistra perdesse le elezioni onde poi elaborare schemi di palazzo che la impalcavano immeritatamente al governo a fare riforme istituzionali, provvedimenti impopolari (vedasi articolo 18 dello Statuto dei lavoratori), autonomie differenziate, retate contro i social-contestatori di Laura Boldrini e via sbagliando. Cose che, se fatte da alcuni, sono straordinarie e, se fatte da altri, sono pericolose. Il tutto autogiudicandosi con indulgenza e chiedendo il voto perché “altrimenti vincono gli altri”. Alibi comodi ma non onesti, né tantomeno utili alla crescita di chi li utilizza.
Aggiornato il 08 luglio 2024 alle ore 10:24