Non c’è alternativa al rigore finanziario

Dunque, come riportato ampiamente dalla stampa nazionale, la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione ai danni dell’Italia per deficit eccessivo. Un provvedimento assolutamente scontato secondo Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, che lo ha così commentato: “La procedura di infrazione non è una notizia, era ampiamente prevista, l’avevamo detto già un anno fa. D’altronde, con il boom di deficit indotto dalle misure eccezionali non potevamo certo pensare di stare sotto il 3 per cento. Abbiamo un percorso – ha poi aggiunto il bocconiano – avviato dall’inizio del Governo, di responsabilità della finanza pubblica sostenibile, che è apprezzato dai mercati e dalle istituzioni Ue: andremo avanti così, quindi non è niente di sorprendente”.

Ora, per comprendere l’estrema delicatezza della questione occorre prima di tutto partire dal dato bruto, ossia l’entità reale del disavanzo pubblico del 2023, il quale ha raggiunto lo stratosferico livello del 7,4 per cento del Pil. Il che, in soldoni, significa che lo Stato ha speso la bazzecola di oltre 150 miliardi di euro in più rispetto a quanto ha effettivamente incassato. Tutto questo, come ha più volte spiegato lo stesso Giorgetti, rappresenta in parte l’effetto creato dal blocco dell’economia determinato dalle restrizioni sanitarie imposte, durante la pandemia, dai due precedenti Governi, ma soprattutto da alcune misure sciagurate adottate dalla maggioranza giallorossa: su tutte il dissennato bonus edilizio al 110 per cento, il quale ha creato un catastrofico effetto a cascata sui conti pubblici che ci peserà per molti anni a venire.

Pertanto, checché ne dicano le sinistre prefiche del partito della spesa facile, non esiste alcuna alternativa a un ragionevole rigore finanziario. Rigore finanziario che l’Ue ci impone in versione molto moderata, visto che ci chiede un aggiustamento annuale nell’ordine di mezzo punto percentuale. Tant’è che persino l’economista Carlo Cottarelli ha sostenuto che in questo senso la procedura d’infrazione “non incide sull’andamento dei mercati e anche in termini di aggiustamento per il prossimo anno, paradossalmente, produce un effetto positivo”. E se lo dice il direttore dell’Osservatorio dei conti pubblici italiani della Cattolica di Milano, ciò non è da sottovalutare.

L’importante, onde non allarmare gli stessi mercati – veri arbitri della nostra sostenibilità finanziaria di medio e lungo periodo – è mantenere la barra dritta di un sostanziale equilibrio di bilancio, anche a costo di perdere qualche consenso durante il faticoso cammino che impone il necessario aggiustamento dei conti. D’altronde, alle prese con un indebitamento pubblico colossale, che a breve raggiungerà i 3mila miliardi di euro, non possiamo assolutamente più scherzare col fuoco fatuo della spesa facile che abbiamo, ahinoi, conosciuto quando governava il partito creato dal nulla da un popolare comico genovese.

Aggiornato il 20 giugno 2024 alle ore 10:40