Sassolini di Lehner
Su Repubblica, Michele Serra sbertuccia il colpevole d’essere stato votato da 500mila cittadini tutt’altro che comunisti, a proposito della querela di Paola Egonu archiviata in quel di Lucca. Serra, assumendo il cognome del generale come epiteto ingiurioso, gli ha dato nientemeno che del Vannacci. Insomma, siamo nei pressi della brutalità dei “Vannacci tuoi!”. Trasfigurare un cognome in un insulto infamante evoca il procuratore stalinista Andrej Januar’evič Vyšinskij il quale, dando del Trockij o del Bucharin a un imputato, ne segnava la condanna a morte. Di Serra, per giunta, ricordo anche la patetica sceneggiata in una Festa dell’Unità in Emilia, durante la quale il giovane compagno Michele si mise in ginocchio, suddito implorante davanti a Massimo D’Alema. Essendone stato testimone oculare, non poco nauseato, raccontai sull’Avanti! la strategia comunista della prostrazione.
Ebbene, Roberto Vannacci potrebbe tranquillamente dare a Michele Serra del “somaro”, visto che, qualche anno fa, nella medesima rubrica di Repubblica (L’amaca, 6 febbraio 2008) volendo illustrare la ferocia disumana di chi non professa la religione dell’aborto, riuscì nell’impresa di spostare la Rupe Tarpea a Sparta dove, invece, da un altra sommità, il Monte Taigeto, venivano gettati i bambini deformi. Il saccente asinello, a parte la Rupe Tarpea scippata a Roma, non sapeva nemmeno che dalla Tarpea non si precipitavano i pargoli, ma i traditori. Oggi, se il generale Vannacci desse del “Michele Serra” a un asinello potrebbe davvero incorrere in guai seri, essendo l’innocente ciuco oggetto di una lampante diffamazione aggravata.
Aggiornato il 19 giugno 2024 alle ore 09:40