All’armi siam antifascisti. Questo potrebbe essere un efficace slogan per presentare l’imbarazzante linea editoriale impressa dalla conduttrice di Chesarà… – Serena Bortone – al suo programma serale in onda il sabato e la domenica su Rai 3. Assistendo per sbaglio a un monologo dell’attore Leo Gullotta, il quale ha tratteggiato la famosa X Mas come una accozzaglia di spietati sanguinari – quando i vari resoconti storici sono ancora oggi piuttosto controversi – ho voluto rivedere la replica della medesima puntata. Ebbene, ho assistito a uno spettacolo indecente, in cui si è cercato in tutti i modi di dimostrare che in Italia sarebbe in atto uno strisciante ritorno del fascismo sotto mentite spoglie.
E a nulla sono servite le ragionevoli contestazioni di Alessandro Campi, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Perugia, il quale ha cercato di spiegare alla stessa conduttrice e ai suoi compagni “resistenti”, in sala e in collegamento, che gli italiani che continuano a votare numerosi per i partiti di destra non lo fanno perché in preda a un sordido rigurgito di un fascismo morto e sepolto da ottant’anni. Ben altre, ha sostenuto Campi, sono le ragioni che sono alla base del consenso di una maggioranza che è addirittura riuscita ad aumentare i suoi voti, anche dopo quasi due anni di Governo. Di fatto, ha poi aggiunto la giornalista Laura Tecce, sembra che si stia replicando lo stesso, gravissimo errore strategico commesso all’indomani della discesa in campo di Silvio Berlusconi, quando la sinistra tentò più volte la strada della demonizzazione dell’avversario politico.
D’altro canto, per dirla tutta, Bortone non sta facendo altro che riportare sul piccolo schermo la linea su cui si è inchiodata da tempo la sinistra italiana, ossia quella di alzare barricate metaforiche nei riguardi di una presunta deriva autoritaria sostenuta da chi occupa attualmente la stanza dei bottoni. Una linea delirante nel senso più autentico dell’aggettivo (in psichiatria il delirio rappresenta un totale scollamento dalla realtà oggettiva) che, come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, può servire a motivare una frazione del proprio elettorato d’antan, ma non certamente a conquistare la fiducia della grande palude degli indecisi, che vorrebbero sentire ben altro rispetto alla sclerotica propaganda antifascista, che sembra nascondere un altrettanto imbarazzante vuoto di serie e praticabili proposte politiche.
In questo senso, penso che la filippica contro la X Mas pronunciata da Gullotta contenga un consiglio che andrebbe girato ai suoi amici sinistri, soprattutto quando chiude il suo monologo dicendo “che forse su certe nostalgie sarebbe il caso di metterci una croce sopra”. Io sono perfettamente d’accordo con il bravo attore siciliano; bisogna però convincere chi ancora nel 2024 pensa di costruire una alternativa politica cantando Bella ciao e distribuendo patenti di antifascismo dall’alto di una sua assai presunta superiorità morale. A tale proposito, direi che con questa storia infinita i nostri maroni sono stati già ampiamente scassati.
Aggiornato il 18 giugno 2024 alle ore 10:12