Putin? Io lo conosco bene

Sassolini di Lehner

Conosco abbastanza bene Vladimir Vladimirovič per nutrire forti timori sul futuro prossimo. Lo conobbi, perché fu lui a telefonarmi di prima mattina, per chiedermi di scrivere la prima biografia in lingua russa di Silvio Berlusconi.

Putin, tenace, testardo, indomito anche nell’amicizia, voleva fare con la biografia un dono originale ed inatteso a Silvio nel corso della sua prima visita ufficiale in Russia come Presidente del Consiglio. Cercai di obbiettare qualcosa. Tutto inutile. Lo zar non mi lasciò scampo, anzi, impartì un ordine tassativo: mi dicono che solo tu puoi farlo... ti dò un mese e mezzo di tempo. Mi inchinai a Putin, pensando soprattutto di regalare un’altra cromatica tessera all’autostima di Silvio. Per me significò una quarantina di giorni quasi senza dormire. Visti i tempi ristrettissimi, bisognava scrivere direttamente in cirillico. Perciò mi feci aiutare dalla russa Marina Sinitsyna. Il libro uscì giusto in tempo, una settimana prima dell’arrivo di Berlusconi a Mosca, titolo Effetto Berlusconi (Edizioni Olma Press, Mosca – la foto a corredo dell’articolo immortala la consegna della biografia a Silvio). Il nostro Presidente, non conoscendo l’alfabeto cirillico, pronunciò il nome dell’autore, dicendo “Lenin” in luogo di Lehner. E Putin pensò che fosse una formidabile battuta. Lo zar mi ricompensò con il viaggio, Roma-Mosca, in aereo privato e dimora nell’hotel più elegante di allora, il Metropol.

Racconto questo episodio per spiegare le ragioni per le quali non dovremmo illuderci che Putin, quando minaccia sfracelli, stia astutamente bluffando. Purtroppo, di bluff c’è solo un 10 per cento, il resto significa davvero che lo zar non si fermerà davanti a niente, nucleare tattico compreso, e forse di più, se l’Occidente continuerà irresponsabilmente ad autorizzare e incoraggiare azioni di guerra sul territorio russo. La campagna elettorale per le Europee non giustifica le provocazioni e le idiozie di leader in difficoltà come Olaf Scholz, Emmanuel Macron o Donald Tusk.

Così, per le demenziali smargiassate guerrafondaie di Joe Biden, a sua volta, pressato dai sondaggi che indicano Donald Trump in netto vantaggio, specie dopo che le toghe rosse di New York, strafatte di ideologismo e non solo, insistono nelle incriminazioni politicamente mirate.

Putin, in nome dell’amicizia, vera e sincera, con Berlusconi, peraltro ricambiata, non ebbe il minimo scrupolo a buttarmi giù dal letto prima delle sei del mattino. Non mi minacciò, ma intimò, facendomi intendere che non avevo scelta. Quando consegnò a Silvio Effetto Berlusconi, Putin aveva lo sguardo di un ragazzo fiero, soddisfatto, felice: missione compiuta.

Così, secondo la ragion pratica russa e la sua psicologia, in nome dell’integrità della Federazione, non avrebbe ritegno alcuno nell’utilizzare le armi di distruzione più adatte a rieducare i Macron, gli Scholz, i Tusk. Del resto, basterebbe leggere i classici della letteratura per capire la forma mentis dei russi: amiconi, allegroni, quasi napoletani, eppure capaci di aprirti la gola al primo sgarbo. E se si è dislessici come Biden, Scholz, Macron, Tusk o Jens Stoltenberg, quindi con problemi sillabici, allora basterebbe imbastire affari con soci di San Pietroburgo o di Mosca, onorando il contratto con una semplice stretta di mano, precedentemente onorata dallo sputo, sapendo che non servono firme, quando sgarrare è sinonimo di morte sicura. Io stesso, con i miei occhi, ho assistito in quel di Mosca ad efferati omicidi a colpi di mitra originati da un patto parzialmente disatteso. E sulla Leninskaya piansi un commerciante armeno investito, reinvestito pure in retromarcia, sino ad essere ridotto a due sole dimensioni. La sua colpa: aveva ritardato il pagamento di una rata.

Regnando ancora l’“occidentale” Mikhail Gorbaciov, sulla via Arbat, a Mosca, non ebbi l’animo di fotografare un ragazzino spianato a sogliola da un tank degli Omon, i superpoliziotti sovietici. Sempre Gorbaciov consule, un mio caro amico, Andrej Mironov, fu arrestato ed a lungo torturato – perse tutti i denti – perché scoperto in flagranza di reato: leggeva in un parco pubblico il vangelo.

Infine, per penetrare l’animo russo, sarebbe sufficiente assistere allo spettacolo dei folli in Cristo, galoppanti ed oranti intorno a chiese e monasteri ortodossi, sino allo sfinimento.

Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Guido Crosetto spieghino, per favore, ai velleitari partner occidentali che Putin emana potenti effluvi di Asia e il suo modo di pensare rimanda non a Turati, a Giolitti, a De Gasperi, a Craxi, a Berlusconi, bensì a Gengis Khan, il più grande e spietato comandante militare della Historia.

Insomma, basta giocare col fuoco sulla pelle dei cittadini ucraini ed europei. Putin non scherza: certo, c’è un po’ di fumo, ma dietro si cela un micidiale arrosto. Il nucleare lo userà e di brutto, se dislessici e disgrafici regnanti in Occidente, presumendo il bluff, continueranno a rilanciare. Dopo, chi vivrà potrà raccontarci come andò a finire.

Aggiornato il 04 giugno 2024 alle ore 10:04