Alla tradizionale parata militare per la Festa della Repubblica ieri i marinai del Comsubin, comparto tra i più addestrati delle nostre Forze armate, erano ben individuabili perché gli unici a marciare con il passo dell’oca e gli unici vestiti di verde. Ogni anno passando davanti alla tribuna autorità – all’ordine attenti a – gridavano Decima in memoria della Decima Flottiglia Mas, dalla quale la speciale Unità deriva, e di tutti gli eroi che vi hanno appartenuto. Basti pensare a Luigi Durand de la Penne, a Teseo Tesei, a Salvatore Todaro, Il Comandante tanto glorificato da un recente film e alle altre 34 medaglie d’oro al valor militare appartenenti a quel Reparto, la maggior parte “alla memoria”.
Il primo di essi, il 19 dicembre 1941, nelle acque del Mediterraneo fu l’autore di uno degli episodi più nobili che si possano verificare durante un conflitto. Rischiò di morire per salvare centinaia di vite umane, anche se appartenenti a una forza navale nemica. Il suo nome, Luigi Durand de la Penne, divenne leggendario in Inghilterra – purtroppo meno in Italia – e il suo gesto è ancora oggi citato in tutti i testi di diritto umanitario. La Decima Flottiglia Mas, cui apparteneva, era stata costituita dalla regia Marina italiana nella Seconda guerra mondiale per portare a termine attacchi alle navi nemiche con l’uso di piccoli battelli subacquei chiamati, appunto, Mas. Mas stava per Motoscafo armato silurante, ma si dice anche che avesse preso il nome dal motto utilizzato da Gabriele D’Annunzio (memento audere semper, ricordati di osare sempre) durante l’assalto con i mezzi subacquei a Buccari. Era un siluro modificato dove prendevano posto due sommozzatori che, nella fase finale dell’azione, dovevano essere in grado di nuotare sino all’obiettivo. Per tali incursioni, una novità assoluta nell’ambito della guerra navale del periodo, servivano equipaggiamenti speciali e uomini speciali, fortemente motivati, la cui azione era diretta contro il potenziale bellico e non contro gli uomini.
La missione che vide protagonista Durand de la Penne era partita dal porto de La Spezia, base operativa della flottiglia e la sera del 18 dicembre raggiunse le acque egiziane, al largo del porto di Alessandria, dove era giunta la corazzata britannica Valiant. Durand de la Penne, una volta piazzato l’esplosivo sul fondo della carena della nave, fu individuato dagli inglesi e catturato. Rinchiuso in una stiva, l’ufficiale volle parlare con il comandante della nave per riferirgli che aveva piazzato degli ordigni esplosivi e che, di lì a poco, la corazzata sarebbe esplosa. L’equipaggio doveva, pertanto, essere messo in salvo. Così avvenne, ma Durand de la Penne fu lasciato in cella, destinato a saltare con tutta la nave. Solo per una fortuita coincidenza si salvò. In seguito, gli inglesi dichiararono di aver subito dalla Marina italiana la più grande “batosta che un singolo uomo abbia mai potuto infliggere ad una flotta” e il comandante della nave inglese, al termine della guerra, chiese e ottenne di appuntare al coraggioso ex nemico la medaglia d’oro al valore militare che la Marina gli aveva conferito.
Su Todaro che rischiò la propria vita per salvare i naufraghi del battello nemico colpito dal suo sommergibile, e su Teseo Tesei, sacrificatosi per non fare fallire una missione, c’è poco da aggiungere. A quest’ultimo sono intestati reparti militari, aeroporti, istituti scolastici, circoli. Speriamo che nessuno si accorga che si tratta della stessa persona che ha inventato i Mas e che della flottiglia è stato uno dei fondatori, sennò sarà necessario procedere a numerose ridenominazioni! Da questi uomini, monarchici ma non fascisti, era composta la X Mas, unità decorata con la medaglia d’oro appuntata alla bandiera della Marina militare, di cui ora è vietato pronunciare il nome! Dopo l’armistizio dell’8 settembre, la X Mas – al pari di tanti altri reparti di alpini, bersaglieri, e marinai – si divise. Una parte si unì alla Repubblica sociale, continuando a combattere al fianco dei tedeschi, un’altra parte proseguì le attività belliche insieme agli Alleati.
Il reparto costituito presso la Repubblica sociale non è riconosciuto dallo Stato italiano come successore legittimo della Decima Mas regia. E ciò dovrebbe essere sufficiente per capire a quale Decima faccia riferimento il motto gridato dai marinai. Ma a sentire pronunciare quel nome molti intellettuali, a partire dallo scorso anno, si sono scandalizzati. Ed evidentemente ci si è dovuti adeguare.
Associare i crimini commessi da taluni componenti della X Mas dopo l’8 settembre alle gesta dell’Unità nella sua interezza, è come mettere in discussione gli aspetti più nobili della resistenza a causa dei crimini commessi da alcune bande partigiane dopo il 25 Aprile. Duole che si possano semplificare episodi così importanti della storia del nostro Paese, ma soprattutto che possano essere vanificate gesta eroiche e umanitarie compiute dai più valorosi reparti della Seconda guerra mondiale. Dovrebbe intervenire il Presidente della Repubblica, capo delle Forze armate, per rendere merito a coloro che hanno dato la vita per il Paese e per non disperdere il patrimonio di quei comportamenti che tuttora dovrebbero costituire un esempio, almeno per tutti i rappresentanti delle istituzioni.
Aggiornato il 03 giugno 2024 alle ore 13:36