Lo confessiamo: avevamo perso la speranza, anche se non la fede (ché, per le buone battaglie, vale comunque la pena spendersi).
Non ci credevamo più, perché era dall’entrata in vigore del Codice Vassalli nell’ormai lontano 1989 che attendevamo l’introduzione della separazione delle carriere tra magistratura requirente e magistratura giudicante, che del sistema accusatorio, sia pure imperfetto, introdotto col nuovo Codice, era naturale corollario.
Del resto, il sistema a carriere separate era, ed è, presente in Portogallo, Spagna, Germania, Svezia, Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, India e Giappone. E noi stavamo, e stiamo, in non allegrissima, sia detto con tutto il rispetto del caso, compagnia di Turchia, Romania e Bulgaria (poi c’è la Francia, come sovente ci ricorda dai talk-show televisivi qualche giurista della domenica, ma in riva alla Senna il Pubblico ministero è sottoposto, lì sì, al potere esecutivo, e questo fa tutta la differenza del mondo).
Non ci credevamo più, perché anche questa volta avevamo assistito al triste spettacolo della politica costretta a trattare il se e il come della riforma con l’Associazione Nazionale Magistrati, in barba non solo ad ogni basilare principio di separazione dei poteri, ma pure all’estetica, se non anche all’etica.
Non ci credevamo perché, come qualcuno aveva autorevolmente affermato all’indomani dell’adozione del “nuovo” Codice, molti avevano, ed hanno, il processo accusatorio sul labbro, ma il processo inquisitorio nel cuore, e le ostilità generalizzate e diffuse nei confronti di un sistema processuale che tutelasse come valori non tangibili la libertà e la dignità dell’individuo avevano, ed hanno, come metaforica linea del Piave, proprio l’unicità delle carriere.
Non ci credevamo, soprattutto, perché ci era chiaro perché ci fossero state, e ci fossero, tante difficoltà ad introdurre una regola pressoché assoluta in uno Stato di diritto, il quale o contempla la parità tra Accusa e Difesa nel processo o, semplicemente, non è: ovvero la Paura della Politica tutta di essere travolta da una marea di inchieste giudiziarie più o meno pretestuose.
Ebbene, dobbiamo ricrederci, perché il Consiglio dei ministri ha approvato il Disegno di legge costituzionale messo a punto dal Guardasigilli Carlo Nordio e dal viceministro Francesco Paolo Sisto, il quale, udite udite, separa le carriere dei magistrati che giudicano da quelle dei magistrati che accusano, prevede concorsi separati e due Csm distinti, ed infine demanda ad un’Alta Corte composta non solo da magistrati il giudizio sulle questioni disciplinari che attengono le toghe.
Tutto bene quel che finisce bene, verrebbe da dire in uno slancio di ottimismo. Staremo a vedere, ché l’Anm è già salita sulle barricate, e speriamo non tocchi a breve udire l’eco di un qualche tintinnar di manette. Ma oggi è un bel giorno per lo Stato di diritto e auspichiamo che il Governo, assunta la responsabilità di questo testo (lo ribadiamo: non era né scontato né facile) sappia portare a compimento una riforma che restituisca all’Italia una Giustizia Giusta, che finalmente individui il punto di equilibrio tra autorità e libertà attraverso la lente dei diritti individuali sanciti in Costituzione.
Aggiornato il 31 maggio 2024 alle ore 10:08