Quel satanasso di Toti

Sassolini di Lehner

Il circo mediatico-giudiziario non cessa di spettacolarizzare, con tratti orripilanti, Il caso, anzi il kafkiano Der Process, con protagonista Giovanni Toti. A parte la colpa imperdonabile di non essere comunista, grillino, gretino, bergoglista, e addirittura di aver ben governato la Liguria, ogni giorno gli vengono attribuiti nuovi reati, anzi delitti. In codesta collana di imputazioni in divenire, voglio intromettermi e fare, così, una luminosa carriera, sino a essere cooptato e ben pagato come opinionista forcaiolo in Rai, La7, Mediaset. Certo, anche in Mediaset, trasfiguratasi in Pravda da quando Silvio non c’è più.

Colorare le figurine scivolate dalle Procure è una faticaccia, ma ci proverò. Voglio imitare i Paolo Mieli e salire nell’empireo dei cromatisti giudiziari. Se l’astuto Paolo non avesse ben pitturato per anni il pool di Mani pulite, oggi sarebbe un pensionato onnipresente ai giardinetti non in tivù. Lo ammetto: se sono apprezzato assai meno di una poco scolarizzata capra di montagna, è solo colpa mia. Fui stoltamente dalla parte di Enzo Tortora, quando magistrati e giornalisti lo sommergevano di fango. E la melma fu il lievito del loro radioso futuro.

Fui critico con l’eversione della Prima Repubblica, quando l’informazione si esercitava in ginocchio a baciare mani e piedi dei magistrati, che si apprestavano a sostituirsi all’Esecutivo e al Legislativo. Fui accanto a Bettino Craxi, quando bastava demonizzarlo per diventare prestigiosi direttori di grandi quotidiani. Il carrierismo dei giornalisti di lotta e di forca si avvalse anche di invenzioni degne del barone di Münchhausen, tipo che Craxi avesse trafugato e trasferito nel giardino di Hammamet la fontana già sita davanti al Castello sforzesco di Milano. In realtà, era custodita nel deposito comunale, ma la fake news servì alla fama e al portafoglio degli spargitori di peste menzognera.

Da incosciente, difesi Silvio Berlusconi quando la maggioranza degli opinatori gli prospettava galera e pubblico ludibrio. Mi beccai anni e anni di processi e di condanne per diffamazione, e anche per danni biologici, a un noto procuratore. Scoprii a mie spese che la parola “sinergia”, da me storditamente utilizzata, poteva causare la nefrite ai togati.

Adesso, dunque, non sarò così macaco da difendere quel satanasso di Toti. Anzi, lo azzanno, ponendogli insidiose domande sui suoi sospettabili trascorsi:

dove ti trovavi, oscuro Giovanni, il 9 aprile 1953, giorno della scomparsa di Wilma Montesi? Fosti tu a tentare di incastrare l’innocente Piero Piccioni?

E non accampare la patetica scusa dei colpevoli, cioè che non eri ancora nato. Del resto, sei nato a Viareggio, che non dista neppure 400 chilometri dalla spiaggia di Torvajanica.

Confessa, diabolico criminale già prima di venire al mondo! Se insisti a chiamare l’avvocato, vuol dire che non sei collaborativo, come disse un pm di Monza.

E smetti, faccia tosta, di mentire. Non frignare… va bene, verificherò la tua effettiva data di nascita, ma non puoi negare che il 7 agosto 1990, se è vero che avevi 22 anni, classica età dei poco di buono, potresti esserti aggirato quatto quatto in via Carlo Poma, 2, nel rione Della Vittoria di Roma.

Tanti, troppi delitti irrisolti potrei attribuirti, aggiungendo anche la devastante fuoruscita del triangolo dalla tua automobile, nonché il rinvenimento nel tuo guardaroba di calzini spaiati.

Parla! Il malloppo dei pedalini mancanti è celato a Montecarlo?

Certo, tra 10 -15 anni, quando la Cassazione ti assolverà con formula piena, sarò costretto a regalarti una breve nota a pagina 42. Ma intanto ti distruggo come politico e come uomo. Tengo famiglia e anch’io ho diritto ai lauti stipendi e ai premi giornalistici; anch’io aspiro a guadagnarmi la medaglia d’oro dell’Ordine al merito forcaiolo.

Aggiornato il 15 maggio 2024 alle ore 10:09