Facciamo subito a capirci: siamo francamente stufi di parlare di giustizia a orologeria. Anche adesso, in occasione dello scoppio del presunto scandalo ligure. È da trent’anni che il centrodestra gira a vuoto sulla storia dell’interferenza di alcuni membri dell’Ordine giudiziario con l’azione della politica. Tutto è cominciato con quell’avviso a comparire recapitato a Silvio Berlusconi il 22 novembre 1994 a mezzo scoop del Corriere della Sera nel mentre presiedeva a Napoli un summit internazionale sulla criminalità organizzata. Da quel momento, per quel miserabile episodio, l’Italia si è spaccata in due. Da una parte, coloro che hanno interpretato l’iniziativa giudiziaria come una grave interferenza dei magistrati, a scopi di delegittimazione, nell’attività di un capo di Governo; dall’altra, gli indignati, giustizialisti nell’indole, che hanno tratto dalla vicenda conforto alla tesi che la politica sia qualcosa di sporco in sé e che per tale motivo debba essere costantemente vigilata dall’opera purificatrice dei “custodi dell’etica repubblicana”, cioè dei magistrati. Non se ne esce.

Fin quando la politica non prenderà coscienza di non aver bisogno di lord protettori che sovrintendano alla sua azione e non troverà il coraggio di riportare la funzione della magistratura inquirente nell’alveo della giurisdizione, attraverso il varo di una seria, radicale riforma della Giustizia, il battibecco tra sostenitori e negatori della tesi della “Giustizia a orologeria” non conoscerà mai la parola fine. E, soprattutto, non cancellerà il senso di frustrazione della classe politica, in particolare del centrodestra, che di fronte ai provvedimenti cautelari assunti dai magistrati in relazione a ipotesi di reato che incrociano l’amministrazione degli affari pubblici, denuncia il tempismo sospetto salvo poi a dichiarare laconicamente “la fiducia nel lavoro dei magistrati”. E con questo? Che cavolo cambia? Nulla.

Al contrario, moltissimo potrebbe cambiare nel modo della politica di approcciare le conseguenze di determinati provvedimenti cautelari. Tutto dipende dal centrodestra, visto che sulla sinistra non si può fare alcun conto. D’altro canto, come si potrebbe. In questi trent’anni gli unici beneficiari della “Giustizia a orologeria” sono stati loro, i compagni progressisti. Peggio, è la sinistra che ha praticato la via giudiziaria alla conquista del potere. Il mondo variegato dei “nemici ontologici” della destra, pur venendo sistematicamente sconfitto nelle urne, è riuscito a signoreggiare sull’Italia anche grazie al “soccorso rosso” di indagini giudiziarie condotte con chiaro tempismo per azzoppare il nemico politico. Già, perché una magistratura orientata ideologicamente a sinistra ha percepito la presenza in campo della destra come una sciagura contro la quale reagire con tutti i mezzi leciti e anche con quelli, per così dire, borderline.

La vicenda dell’arresto del Governatore della Liguria, Giovanni Toti, non fa eccezione. Il fatto che mezza Italia – e probabilmente la maggioranza dei liguri – ritenga Toti un galantuomo non conta nulla ai fini degli esiti dell’inchiesta. Conta invece ciò che accadrà nei prossimi giorni rispetto alla vexata quaestio delle sue dimissioni dall’incarico di Governatore. La sinistra urla e strepita perché si dimetta. Lo scopo è chiaro: far crollare la Giunta di centrodestra e andare alle elezioni anticipate in Regione sull’onda del presunto scandalo, nella illusione di trarne un vantaggio elettorale. E il centrodestra? Qui nasce il problema. Le dichiarazioni ascoltate dai diversi dirigenti dei partiti che compongono la coalizione non ci sono del tutto piaciute. Di là dalla solidarietà di rito al collega colpito dall’azione dei giudici, la cautela manifestata da alcuni esponenti di Fratelli d’Italia sulla continuazione dell’esperienza Toti in Liguria fino alla naturale scadenza della consiliatura provoca l’orticaria. Evidentemente la lezione ricevuta in occasione delle elezioni sarde non ha insegnato nulla. La smania di andare al voto con un proprio candidato alla guida della Regione fa perdere lucidità ai giovani virgulti della destra conservatrice.

Ragazzi, calma e gesso. Non è il caso di correre a indossare i panni degli utili idioti del giustizialismo solo perché ci si è fatti il film che, dimissionato Toti, uno del cerchio magico del premier ne possa prendere il posto senza colpo ferire. Repetita iuvant: ricordatevi della Sardegna. La strada giusta non è quella di darla vinta agli sciacalli della sinistra. Ciò che occorre fare, piuttosto che crogiolarsi in un inconcludente vittimismo, è di rivendicare con forza tutto ciò che Giovanni Toti ha realizzato di buono per la Liguria. Si teme un contraccolpo sulle ormai prossime elezioni europee? Allora cosa si aspetta a trasformare il veleno in farmaco? Si ha il sospetto che il provvedimento giudiziario fosse mirato a spezzare il feeling creatosi in Liguria – terra storicamente rossa – con una destra di governo che ha prodotto buoni risultati? Perché non dirlo a chiare lettere agli elettori e chiedere espressamente che il voto dell’8/9 giugno sia anche un referendum, oltre che sull’Europa, sull’amministrazione della terra ligure condotta dal centrodestra? Senza scomodare il pensiero di un sant’uomo, cari amici che siete alla guida di questo Paese abbiamo un messaggio per voi: non abbiate paura! Non fatevi incartare dalle ipocrite – e interessate – levate morali degli sciacalli della sinistra nel consentire che in Liguria tutto crolli. Tenete la barra dritta a andate avanti. Auspicabilmente con lo stesso Toti, il quale è solo momentaneamente sospeso dall’esercizio delle funzioni di presidente della Giunta regionale per effetto della Legge Severino (Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235) che, all’articolo 8 punto 2, recita: “La sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l'applicazione di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale nonché di cui all'articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale”. Ciò vuol dire che si dovrà attendere la decisione del Tribunale del Riesame, presso cui certamente la difesa dell’indagato Toti vorrà ricorrere per l’annullamento dell’ordinanza di applicazione di misure cautelari (coercitive e interdittive) personali e reali emessa in data 6 maggio 2024 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Genova, su richiesta della Procura della Repubblica depositata in data 27 dicembre 2023. L’auspicio è che i giudici del Riesame restino insensibili ai calcoli politici che, in vicende come queste, si fanno da ambo le parti, quella degli accusatori e quella dell’accusato.

In caso di successo, Giovanni Toti potrà tornare al suo posto di comando e fare in modo che lo scossone che ne ha disturbato la navigazione resti un episodio isolato e non crei ulteriori danni. Se è vero che questo nostro tempo non ha bisogno di eroi ma di persone normali che facciano il loro dovere, è oltremodo vero che non si avverte la necessità di agnelli sacrificali, anche se Giovanni Toti, vista l’imponente stazza, farebbe un figurone da vitello grasso.

Aggiornato il 13 maggio 2024 alle ore 10:15