Nello scandalo che sta travolgendo la politica nel capoluogo pugliese il mondo dei media scopre l’acqua calda. Complimenti! Finalmente ci state arrivando, cari giornaloni, a individuare una delle sorgenti della corruzione che oggi tocca Bari ma che se le indagini venissero estese a tutto il Mezzogiorno sortirebbero un effetto non dissimile. Il filo rosso che sta emergendo dalle inchieste della magistratura pugliese lega la politica al mondo della formazione professionale. Pe i media sarebbe questa la novità. Per noi non le è. Anzi, non lo è mai stata, visto che da anni denunciamo l’esistenza di una connessione tra la politica – in particolare della sinistra che per più lungo tempo ha governato le regioni del Mezzogiorno ammesse nel perimetro dell’obiettivo Convergenza (ex obiettivo 1) del Fondo sociale europeo per la coesione socio-economica nell’Unione – e segmenti della società civile esposti a particolari fragilità occupazionali (disoccupati ad alta scolarizzazione, precari sottopagati).
Non c’è di che meravigliarsi se la politica praticata mediante il collaudato sistema clientelare abbia individuato nel canale della formazione professionale un bizzarro matching tra bisogno di autofinanziarsi o di costituirsi una platea elettorale alla quale offrire risposte economiche immediatamente esigibili e fiumi di denaro pubblico disponibili. Sia chiaro: le indagini vanno fatte e le responsabilità individuali vanno accertate e perseguite. E sia oltremodo chiaro che, nonostante tutto, vi siano stati, soprattutto in Puglia, esempi virtuosi di sperimentazione didattico-formativa che hanno dato buoni frutti generando best practices a cui anche il mondo dell’impresa ha potuto ispirarsi per evolversi. Tuttavia, l’impegno di buona parte degli enti della formazione professionale a far bene non ha salvato un settore irresponsabilmente dirottato dalla politica verso obiettivi impropri. Ricostruire in sede istituzionale – e non nei tribunali – ciò che è successo in questi anni nel mondo della formazione sarebbe la maniera più giusta per ripartire.
Ora, trasformare le inchieste giudiziarie in altrettante clave per colpire strumentalmente gli avversari politici è un errore grave, che non giova all’accertamento della verità. La sinistra giustizialista si è nutrita per decenni della falsa rappresentazione della propria superiorità morale. E lo faceva nel mentre nei sotterranei della sua finta “casa di vetro” s’intrecciavano storie di malaffare e di corruttela che solo ora timidamente emergono in quella Puglia eletta a residenza dell’agognato “Sol dell’avvenire”. La destra non la imiti focalizzandosi sul “mariuolo” di turno e ignorando la complessità del sistema implementato. Ma qual è stato il limite strutturale dell’azione formativa? La formazione professionale, finanziata dall’Europa negli ultimi tre decenni, non potendo rivolgersi a un vero mercato del lavoro – pressoché inesistente al Sud – è stata convertita per una convinta scelta politica, elettoralmente molto appagante, in un illegittimo meccanismo di ammortizzatori sociali grazie al quale è stato possibile erogare risorse pubbliche a categorie di cittadini non sostenibili attraverso le forme compiute e corrette previste da un sano mercato del lavoro.
Per qualcuno, di buon cuore, potrebbe essere stato perfino un atto meritorio aiutare un esercito di disperati a sopravvivere con mezzi di fortuna. Ma, com’è noto, le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. É accaduto nel tempo che corsi di formazione professionale, benché strutturati sulla carta, fossero del tutto fittizi per il semplice motivo che alla fine del percorso formativo non vi sarebbe stato alcun mercato del lavoro in grado di assorbire i formati. Per anni, giovani e meno giovani laureati e diplomati hanno sbarcato il lunario grazie alla possibilità di ricoprire i più disparati incarichi nell’ambito dell’azione formativa. Coordinatori, direttori, docenti, esperti, tutor, personale ausiliario hanno tirato a campare in forza dei contratti di collaborazione professionale sottoscritti con gli enti di formazione. E hanno vissuto anche gli apparati organizzativi dei medesimi enti accreditati. Ovviamente, se la sono cavata più o meno alla grande, inversamente al grado di onestà con il quale hanno lavorato.
Negli interstizi di tale meccanismo si è inserita la politica clientelare che ha colto l’opportunità d’intestarsi la collocazione, sebbene provvisoria, di un considerevole numero di cittadini nei circuiti finanziati con i quattrini europei. Da qui trovano fondamento le ipotesi di reato di voto di scambio e di corruzione. I media, che ignorano o fingono d’ignorare le dimensioni geografiche del problema, riguardo alla vicenda giudiziaria di Bari parlano di terremoto. Se anche altrove al Sud gli inquirenti mettessero l’occhio in ciò che è accaduto con i finanziamenti alla formazione professionale, gli otto milioni di euro contestati dalla Procura europea agli indagati nell’indagine barese per corsi finanziati e mai svolti, risulterebbero bruscolini rispetto al fiume di denaro speso in passato. E non che con la scuola pubblica sia andata meglio.
Anche in quel contesto si è operata una scelta tanto spregiudicata quanto sospetta per tacitare una categoria – quella dei docenti – che diversamente avrebbe potuto creare seri problemi ai Governi di turno, che negli ultimi dodici anni sono stati in prevalenza sostenuti o diretti dalla sinistra. Il Pon Scuola è stata la grande mammella alla quale – non il singolo lestofante, ma lo Stato in persona – ha attinto per compensare i magri aumenti di stipendio accordati al personale della scuola. L’educazione informale, prevalentemente destinata agli adulti e che in Europa è un asse strategico del sistema educativo, è stata malamente sacrificata sull’altare delle esigenze economiche del personale scolastico. Una sconfitta a cui, purtroppo, neppure il Governo di centrodestra ha saputo sottrarsi. A Bari le indagini proseguiranno. Vedrete, però, che si farà di tutto per indirizzarle su un binario morto. Non per salvare coloro che sono stati beccati con le mani nella marmellata, ma per evitare che il virus della ricerca della verità si diffonda e tracimi fuori dai confini della Puglia. Non siamo certo al cospetto di un quadro edificante. Parafrasando Napoleone Bonaparte ci domandiamo: che cos’è la formazione professionale, se non una favola su cui ci si è messi d’accordo?
Aggiornato il 17 aprile 2024 alle ore 09:50