La Camera dei deputati e il Senato hanno dato il via libera alla partecipazione italiana alla missione navale promossa dall’Unione europea nel Mar Rosso e denominata “Eunavfor Aspides”. L’operazione, della durata di un anno, è stata decisa a Bruxelles per difendere la navigazione mercantile nel Mar Rosso dagli attacchi dei terroristi yemeniti Houthi. I compiti assegnati alla missione sono chiarissimi: a) garantire la conoscenza della situazione marittima e accompagnare le navi nell’area di operazione; b) proteggere le navi da attacchi multi-dominio in mare, nel pieno rispetto del diritto internazionale, compresi i principi di necessità e proporzionalità. L’Italia, alla quale è affidato il comando tattico dell’operazione, vi partecipa con una propria unità navale: il cacciatorpediniere Caio Duilio (D554). Ciò significa che gli ordini alla flotta per neutralizzare le diverse minacce alle navi commerciali in transito per il Golfo di Aden e il Mar Rosso verranno impartiti dalla plancia di comando della nave ammiraglia italiana.
Sulla vicenda il Parlamento si è espresso favorevolmente a larghissima maggioranza (hanno votato contro i soliti antitaliani di Alleanza Verdi e Sinistra della premiata ditta Bonelli & Fratoianni). Una bella pagina di unità nazionale, scritta per rendere plastico il sostegno che il Paese assicura ai suoi uomini e donne in divisa impegnati, lontani dai confini nazionali, a fronteggiare i nemici dell’Occidente libero e democratico. Dovremmo essere contenti per la prova di maturità offerta da quasi tutta la classe politica. Invece, c’è sempre un qualcosa fuori posto che rovina la festa. Quel qualcosa stavolta è stato un avverbio che, cancellato dalla stesura del testo di maggioranza, ha consentito alle opposizioni, in particolare al Movimento cinque stelle, di votarlo. L’avverbio in questione è “eminentemente”. Nella versione originaria era scritto: “L’Operazione dell’Unione europea Eunavfor Aspides intende contribuire alla salvaguardia della libera navigazione e alla protezione del naviglio mercantile in transito in un’area di Operazioni che include Mar Rosso, Golfo di Aden e Golfo Persico, con compiti eminentemente difensivi, estesi alla difesa del naviglio mercantile nella sola area prospiciente lo Yemen e nel Mar Rosso”. Ai Cinque stelle non stava bene la definizione del perimetro operativo concesso alla nostra Marina perché, a loro giudizio, avrebbe potuto spianare la strada a iniziative belliche, da parte italiana, a carattere offensivo. Tant’è che il giorno prima, nel passaggio della risoluzione nelle Commissioni Esteri e Difesa della Camera, il comportamento dei rappresentanti delle opposizioni era stato di segno diverso: il Partito democratico, insieme a Italia viva e Azione, ha votato comunque a favore della risoluzione, i Cinque stelle si sono astenuti e Alleanza Verdi e Sinistra ha votato no. A quel punto il centrodestra ha ritenuto che si dovesse dare priorità al tentativo di estendere la platea dei favorevoli piuttosto che insistere sulla prima versione della risoluzione finale. Scelta legittima ma non per questo condivisibile. Aver modificato il testo eliminando l’avverbio “eminentemente” e avendo il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, chiarito in Aula che la missione avrebbe avuto solo scopi difensivi, ha di fatto depauperato l’operazione militare di buona parte della sua efficacia. Saranno contenti i grillini che hanno portato il Governo sulle loro posizioni di ipocrisia pacifista, ma non siamo contenti noi per l’occasione persa dall’Italia di rendersi co-protagonista, a livello internazionale, della soluzione di un problema che riguarda la sicurezza dell’Occidente.
Cerchiamo di spiegare perché la questione non sia soltanto lessicale ma di sostanza politica. Ordinare alla propria unità navale d’intervenire esclusivamente a intercettare i droni e i missili lanciati dagli Houthi ma non di puntare alle sorgenti degli attacchi dovendo reagire, per regola d’ingaggio, soltanto nell’imminenza dell’impatto degli ordigni esplosivi con gli obiettivi individuati dai terroristi, è come affidarsi alla somministrazione della tachipirina per guarire da una grave infezione: si abbassa temporaneamente la febbre, ma non si impedisce alla temperatura di risalire quando l’effetto del paracetamolo sarà cessato. Bisogna considerare che gli Houthi non sono una banda di disperati ma una milizia ben addestrata e perfettamente armata. Hanno alle spalle l’apparato bellico iraniano che li rifornisce con generosità dei sistemi d’arma – missili e droni – in grado di colpire obiettivi a breve-media distanza. Ora, sappiamo nella realtà cos’è accaduto quando, giorni orsono, la nave Duilio – già da settimane presente nel teatro operativo – è stata attaccata da un drone degli Houthi. L’ordigno è stato intercettato a 6 chilometri dall’impatto col bersaglio. Sei chilometri, cioè poco più di tre miglia nautiche. Gli artiglieri hanno potuto colpire il drone quando era a vista. D’altro canto, la gittata massima dei due cannoni Oto Melara 76/62 SR posizionati sulla nave Duilio è di 9mila metri. Cosa sarebbe accaduto se la torretta non avesse centrato il bersaglio alla prima raffica? Per un velivolo armato coprire la distanza di tre miglia è questione di secondi, non di minuti. E se gli Houthi in futuro dovessero cambiare tattica, lanciando più droni in contemporanea sullo stesso target? Gli uomini della nave Duilio si troverebbero a dover sparare come alle anatre di cartone al baraccone del luna park. L’unico modo per eradicare il problema sarebbe di colpire le basi di lancio le quali, grazie alla tecnologia avanzata di cui dispone la nave Duilio, sono identificabili. Ma, grazie all’ennesima resa della politica al buonismo, si è inteso legare le mani alla nostra forza combattente. E lo si è fatto in nome di quell’articolo 11 della Costituzione che impone all’Italia di ripudiare la guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Ma cosa diamine c’entra il richiamo all’articolo 11 se non a gratificare l’ipocrisia pacifista della sinistra nostrana? Non siamo in guerra con nessuno, tanto meno con lo Yemen. Annientare gli Houthi è una missione da svolgere nel quadro della lotta al terrorismo. Impedire, per pregiudizio ideologico, di neutralizzare le basi di lancio dei velivoli esplosivi è come negare l’autorizzazione alle forze speciali dei Carabinieri e della Polizia di distruggere le armi rinvenute in un covo di terroristi o di mafiosi. E poi, siamo certi che le regole d’ingaggio indicate dalla risoluzione parlamentare potranno essere rispettate? L’Italia ha il comando tattico della missione ma non quello operativo, che è affidato al commodoro greco Vasilios Griparis. In più, il controllo politico e la direzione strategica spetteranno al Comitato politico e di sicurezza (Cps), composto dai rappresentanti degli Stati Ue mentre al Comitato militare Ue, formato dai capi di Stato maggiore della Difesa dei Paesi membri dell’Unione, e al suo presidente, sarà affidato il compito di svolgere un ruolo di interfaccia tra il comandante dell’operazione e il vertice politico. Cosa accadrà se da Bruxelles o dalla greca Larissa (sede del Comando operativo della missione) dovesse arrivare al comandante di teatro, il contrammiraglio italiano Stefano Costantino, l’ordine di attacco contro un obiettivo-Houthi sulla terraferma? Come risponderà il nostro alto ufficiale: prendo atto, ma non posso? Questi i dubbi su un’iniziativa che non avrebbe dovuto avere ambiguità. Invece, no. Siamo alle solite della solita “italietta” né carne, né pesce; del vorrei ma non posso; del ci siamo ma non ci siamo. L’amarezza è che adesso al Governo della nazione ci sia la destra. In teoria, dovrebbe essere un altro film riguardo alla difesa della Patria e dei suoi legittimi interessi. E invece, ne andasse dritta una!
Aggiornato il 08 marzo 2024 alle ore 12:41