“Strano” che non si sia notato: quando scoppiò lo scandalo delle chat di Luca Palamara e delle riunioni riservate tra magistrati di area moderata, all’interno del notissimo Hotel Champagne a Roma, per decidere, o tentare di farlo, nomine varie in seno al Csm, ci fu una reazione inferocita nella magistratura.
E in breve tempo si passò a processi sommari di piazza e ad epurazioni sistematiche. Stile “Vite degli altri” nella Ddr. Il primo a cadere fu ovviamente Palamara stesso. Ma in generale, se una qualunque tra le toghe nelle chat − che magari aveva telefonato a Palamara per dirgli se lo invitava a cena quella data sera − veniva nominato nelle conversazioni si trovava fuori automaticamente dai giochi di corrente per le nomine al Csm. E questa cosa è andata avanti per un pezzo e anzi forse ancora è in vigore.
Bene adesso avete visto qualcosa del genere? A una settimanella della disvelazione del fatto che in seno all’Antimafia lavora gente che fa migliaia di accessi informatici illeciti – per caso sempre ai danni di politici moderati – e che forse persino alcuni magistrati sono coinvolti?
Le reazioni stavolta sono felpate. Aiutate nella loro felpatezza anche dall’omertà della maggior parte dei giornali. E dall’interesse comune di parte dei magistrati − protagonisti e poi in politica − con certo modo di fare stampa e trasmissioni televisive. I giornalisti poi si rifugiano dietro la libertà di stampa. Svilendola a foglia di fico. Di fatto tutti vogliono difendere sé stessi dal sospetto di fare giornalismo “a umma a umma” con gli investigatori. Come nelle vignette di Jacovitti in cui si vede il pistolero con la pistola fumante su cui soffia e che strizza l’occhio al vicino negozio di bare che reca questa insegna: “Voi li impiombate io li sotterro”.
E adesso non ci si venga a dire nemmeno che nessuno sapesse dell’esistenza come prassi decennale di questi accessi informatici abusivi. Non si vorrebbe vedere uno stormo di colleghi che cadono dalle nuvole. Il sospetto è che tutti ne fossero consapevoli e talvolta ammiccanti. Come nel segreto di Pulcinella.
I magistrati, alcuni magistrati, favoriscono i giornalisti, ma solo alcuni di loro, e in cambio ricevono quel tipo di visibilità che facilmente li può portare nelle istituzioni, soprattutto in Parlamento. È una scorciatoia per entrare in politica. Come è una scorciatoia, per tentare di vendere più copie di un qualsivoglia prodotto editoriale, riempire copertine e prime pagine (e trailer video) di rivelazioni e di pettegolezzi, specie sessuali.
Come finirà questa storia degli accessi abusivi e dell’Antimafia (che tra parentesi come apparato globale già era inciampata su una serie di scandali per la gestione dei beni sequestrati ai clan)? Lo sapremo solo vivendo.
Aggiornato il 06 marzo 2024 alle ore 18:57