Sassolini di Lehner
Non sono Michele Serra. Non lessi l’opera omnia di Socrate, che nulla lasciò scritto, né, essendo romano de Roma, sono così provetto geografo da collocare la Rupe Tarpea a Sparta. Solo Serra poteva farlo e le mie potenzialità neuroniche non arrivano alle sue turbo-meningi, collega, che io ricordo, in una festa dell’Unità, in ginocchio, prono adorante davanti alla deità pagana di nome Massimo D’Alema. Serra è stato filosovietico, mentre io, nemico tapino del popolo, ho vergato parecchi volumi sulla barbarie e la disumanità del socialismo realizzato. Però, mi è toccato in sorte, avendoli anche in casa, di conoscere i russi, che, ora, invece, Serra mostra di amare meno di quando erano brezneviani. Il collega Michele non è solo, facendo parte dei comunisti sedicenti “pentiti”, che, oggi, seguono Joe Biden e condannano Vladimir Putin. Di fatto, demonizzano i russi, visto che la stragrande maggioranza sostiene lo zar Vladimiro.
Serra ed i post-compagni lo definiscono fascista, lasciando per alcuni momenti la Meloni orfana dell’aggettivo, come a marcare una forte cesura tra la già amata Urss e l’attuale Federazione russa. In realtà, il fascismo di Vladimiro si rifà un po’ allo zarismo, ma assai di più allo stalinismo. Nazionalimperialismo, controllo poliziesco interno, eliminazione fisica di chiunque proponga un dubbio sono i connotati del regime attuale, che non è affatto opposto a quello sovietico, che, in quanto ad affinità elettive con il totalitarismo nazista, non si fece mancare niente, vedi il Patto Molotov-Ribbentrop.
Stalin, tanto per titillare Hitler, liberò dal carcere e dal Gulag centinaia di ebrei per consegnarli come grazioso dono alle camere a gas naziste.
Putin fascista, Putin nazionalimperialista, erede naturale di Stalin, del mitico Baffone adorato da Palmiro Togliatti, dai comunisti italiani e dall’Anpi che difese Francesco Moranino. Del resto, Togliatti firmò, prima, la lettera ai “Fratelli in camicia nera”, poi, sostenendo il Patto Molotov-Ribbentrop, vergò articoli filonazisti, fino al punto da attribuire agli alleati, definiti imperialisti e guerrafondai, la responsabilità del Secondo conflitto mondiale. Togliatti ed il Pci furono i primi della classe nel sostenere lo scellerato patto, passaggio decisivo per l’invasione della Polonia da parte dei nazisti ed una settimana dopo da parte dei sovietici, per lo scoppio della guerra mondiale, per la bestiale soluzione finale nei confronti del popolo di Mosè.
Quanti non seguirono la linea filonazista di Togliatti, da Terracini alla Ravera sino a Leo Valiani, furono espulsi dal partito, benché ristretti nelle carceri fasciste o confinati.
Fascistoide fu anche la nauseante disinformazione togliattiana sull’Olocausto polacco a Katyn, con tanto di spedizioni punitive e minacce fisiche ai familiari del professor Vincenzo Palmieri, testimone scomodo; fascistissime anche le successive prese di posizioni di Togliatti e del Pci contro il sionismo, sino al plauso della condanna a morte (1952) nei confronti del segretario del Ksč, Rudolf Slánský, colpevole di essere ebreo. Del resto, anche il Pci post-togliattiano non si smentì mai e ogni volta che Israele venne aggredita, il partito non ebbe esitazioni, schierandosi con gli aggressori arabi, spesso ispirati da ideologi a suo tempo seguaci di Hitler.
Al collega Michele ed ai post-compagni mi tocca comunicare l’amara verità: avete creduto ad un’utopia tradotta in prassi fascistoide. Non Biden, bensì Vladimir Vladimirovič è parte della vostra storia.
Aggiornato il 26 febbraio 2024 alle ore 09:41