Sono sempre più convinto che le prossime elezioni europee, così come è stato per alcuni suoi predecessori, costituiscano per Giorgia Meloni un passaggio particolarmente delicato. In estrema sintesi, la premier è perfettamente in grado di stravincere sul piano dei consensi, soprattutto in virtù di un incessante attivismo interno e internazionale – attivismo che su alcuni aspetti, da liberale, considero abbastanza discutibile – ottenendo un risultato clamoroso, ben sopra il 30 per cento, che restringa ulteriormente i voti dei suoi alleati di Governo, in particolare quelli della sempre scalpitante Lega di Matteo Salvini. Ebbene, ciò rappresenterebbe a mio avviso una grande vittoria tattica ma che – proprio come accadde ad esempio nelle Europee del 1994, in cui la travolgente ascesa di Forza Italia gettò i presupposti per l’uscita della Lega Nord di Umberto Bossi dal Governo – rischierebbe fortemente di assumere i connotati di una classica vittoria di Pirro, creando una forte fibrillazione tra i principali partiti di maggioranza, con le inevitabile e prevedibili conseguenze del caso.
Ciò, in estrema sintesi, aumenterebbe l’evidente senso di frustrazione che la Lega manifesta da tempo nei riguardi di un alleato che, profittando della discutibile scelta leghista di entrare nell’Esecutivo di unità nazionale diretto da Mario Draghi, gli ha letteralmente saccheggiato buona parte del suo potenziale bacino elettorale dai banchi dell’opposizione. Quindi, non mi sembra affatto peregrino sostenere che, ammesso e concesso che la leader di Fratelli d’Italia punti a tale obiettivo, ai fini di mantenere la necessaria stabilità e coesione tra le forze al comando delle operazione appare auspicabile un risultato elettorale che consolidi la presa della Meloni nei confronti dell’elettorato, senza tuttavia mortificare oltre ogni misura i suoi alleati. Ed è forse anche per questo che la stessa presidente del Consiglio, che sta dimostrando da tempo di saper guardare i suoi obiettivi in prospettiva, non ha fatto nulla per ostacolare il progetto leghista dell’Autonomia differenziata. Un progetto il quale non è certo nelle corde di un partito nazionale per definizione come Fratelli d’Italia, ma che in questo caso potrebbe rappresentare quella importante bandierina elettorale per impedire alla Lega di avvicinarsi ai minimi storici in cui la raccolse Matteo Salvini nel non lontanissimo 2013. Staremo a vedere.
Aggiornato il 01 febbraio 2024 alle ore 09:33