Il 31 dicembre 2022 moriva Benedetto XVI, chiudendosi così una delle pagine più profonde e complesse dell’intera storia della Chiesa. In questo senso, occorre chiedersi se e quale sia stata l’eredità che Benedetto XVI ha devoluto in favore del mondo in genere e di quello cattolico in particolare. La ricchezza di un pensiero così lungo e articolato, come quello filosofico-teologico di Joseph Ratzinger, non può certamente essere ridotta e compressa in poche righe, ma si possono in ogni caso tracciare almeno le linee generali del suo contributo alla crescita morale e spirituale dell’orbe cattolico, dovendosi fin d’ora riconoscere che sono almeno due gli assi portanti del lascito umano di Benedetto XVI, quello di ordine intellettuale (all’attenzione in questa sede) e quello di carattere teologico (oggetto di una seconda separata riflessione).
Dal punto di vista intellettuale, il pensiero di Ratzinger ha contribuito all’approfondimento della comprensione della realtà del mondo occidentale contemporaneo, tracciando la proposta di una terapia culturale alla patologia che da oramai diversi decenni sta consumando l’Occidente dall’interno. Se la cultura occidentale, infatti, è da tempo sempre più sgretolata e sregolata, è perché essa ha perduto il suo rapporto con le fondamenta della sua stessa anima, cioè con la verità. Mentre tutte le altre culture e civiltà non hanno mai abdicato alla pretesa veritativa posta alla base della garanzia della propria stessa esistenza e legittimazione nel teatro della storia, l’Occidente contemporaneo costituisce l’unico modello culturale che ha deciso di rinunciare sistematicamente ad ogni fondabilità intorno al proprio essere come conseguenza diretta e precisa della negazione della verità. Attraversando i surrogati del materialismo, dell’immanentismo, del positivismo, dello scientismo, dell’economicismo, del pacifismo e, più di recente, dell’ecologismo l’Occidente ha sacrificato il principio di verità sostituendolo con il principio di utilità.
L’operazione, tuttavia, non è stata priva di conseguenze, come dimostrano con ampiezza, tra i molteplici esempi possibili, ben due conflitti mondiali, la nascita dei totalitarismi di diverso colore politico, il laicismo dirompente che sempre più dominante è divenuto all’interno delle istituzioni occidentali democratiche, l’incapacità di relazionarsi con culture fondate su altre tradizioni teologico-religiose, l’insufficienza nella comprensione e nella reazione alla fiammata di ritorno del fenomeno jihadista che si è registrata all’inizio del XXI secolo, la nascita e la diffusione della cosiddetta “cancel culture”, la legalizzazione di tipi di unione “culturalmente determinati” che si discostano dal modello antropologicamente fondato dell’unione naturale tra uomo e donna, contribuendo alla crisi demografica che attanaglia tutto l’intero occidente e l’Europa in particolare, l’avvento di logiche politico-sociali radicalmente anti-umane volte a negare in modo diretto o indiretto la dignità dell’uomo e non soltanto i suoi diritti fondamentali, ma spesso anche i suoi stessi più elementari diritti naturali, come quello alla vita.
Dinnanzi a questo scenario così fosco e cupo, così annebbiato dalle ideologie, così malsano per lo spirito e l’intelligenza, Ratzinger ha offerto una alternativa culturale e umana senza la quale l’Occidente non potrà mai sperare di fuoriuscire dallo stadio di sonnolenta necrosi che lo sta conducendo alla fine dei suoi stessi giorni nel panorama della storia mondiale. Ratzinger, infatti, con il suo richiamo al principio di ragione fondato sulla verità, per un verso, ha sostanzialmente disinnescato dalla radice la tentazione nichilistica dell’odierna civiltà occidentale, e, per altro verso, ha contribuito a chiarire che non possono darsi realmente libertà, democrazia, pace, giustizia, e solidarietà prescindendo dal criterio fondativo, dall’esigenza logica e dall’orizzonte di senso della verità. I vuoti ragionatori della cultura occidentale, che in modo diretto o indiretto hanno alimentato e ancora fomentano la attuale visione nichilistica che travaglia l’intero Occidente, sono stati svelati come falsi intellettuali, proprio dall’unico intellettuale, Ratzinger appunto, che prendendosi cura del principio di verità ha potuto smascherare ogni ipocrisia e menzogna una volta e per tutte. In questo senso ha scritto, non a caso, che “solo la verità rende liberi. Dove l’utilità viene anteposta alla verità l’uomo diventa schiavo dell’utilità e di coloro che possono decidere quale sia l’utile” (Fede, Verità, Tolleranza). Ogni riduzionismo pragmatistico, scientistico o utilitaristico, così come ogni pensiero edonista, individualista o antigiuridista si risolve, insomma, non soltanto per essere contrario alla verità, ma per divenire, presto o tardi, contrario alla stessa umanità dell’uomo.
In tale direzione, si disvelano tutte le fragilità etiche e teoretiche di quelle prospettive che, partendo dal presupposto conflitto tra verità e libertà, giungono a delineare una inconciliabile opposizione tra libertà e diritto, così che per esserci la prima il secondo dovrebbe sparire o, in alternativa, il secondo dovrebbe sottomettersi alla prima come mera espressione dell’illimitato e illimitabile desiderio dell’individualità. Anche su questo punto Ratzinger ha elargito riflessioni dirimenti chiarendo, infatti, che “l’essere umano è immagine di Dio proprio per il fatto che il “da”, il “con” e il “per” costituiscono la figura antropologica fondamentale. Laddove si cerca di liberarsene, non ci si avvicina alla divinità, ma alla disumanizzazione, alla distruzione dell’essere attraverso la distruzione della verità. La variante giacobina dell’idea di liberazione (chiamiamo una buona volta così i radicalismi moderni) è ribellione contro lo stesso essere uomini, ribellione contro la verità, e pertanto conduce l’uomo – come Sartre acutamente ha visto – a un’esistenza di autocontraddizione che chiamiamo inferno. In questo modo è emerso molto chiaramente che la libertà è legata a un criterio, al criterio della realtà, alla verità. Libertà di autodistruzione o di distruzione dell’altro non è libertà, ma la sua diabolica parodia. La libertà dell’uomo è libertà condivisa, libertà nell’essere insieme di libertà che si limitano reciprocamente e in tal modo si sostengono l’un l’altra: la libertà deve commisurarsi a quello che io sono, a quello che noi siamo, altrimenti si sopprime da sé medesima. Ma con ciò arriviamo ora a una correzione essenziale del superficiale concetto di libertà oggi largamente dominante: se la libertà dell’essere umano può consistere solo nell’ordinato essere insieme di libertà, allora ciò significa che ordine, diritto, non sono concetti opposti alla libertà, ma la sua condizione; anzi, un elemento costitutivo della libertà stessa. Il diritto non è una limitazione della libertà, ma la costituisce. L’assenza di diritto è assenza di libertà” (Libertà e verità).
L’eredità intellettuale di Benedetto XVI, dunque, risiede nella fiducia razionale nella verità che l’Occidente ha dimenticato e nella consapevolezza che può darsi un autentico spazio umano, soltanto a condizione che l’uomo riconosca umilmente e razionalmente la verità che regge l’intera sua vita e l’intera sua esistenza, cioè non essere una monade isolata e autoreferenziale. Della insostituibile importanza di un tale lascito la cultura occidentale deve ancora rendersi pienamente conto, poiché da ciò dipende non tanto la semplice e nostalgica rimembranza dell’opera intellettuale di un Romano Pontefice, quanto piuttosto la sopravvivenza dello stesso Occidente, il quale soltanto così può sperare di resistere dinnanzi alle forze oppressive che sempre più premono dall’esterno e alle forze erosive che ogni giorno lo indeboliscono dall’interno.
Aggiornato il 04 gennaio 2024 alle ore 09:38