In tema di riforma della Giustizia, da sempre una delle note più dolenti del nostro sistema democratico, noi garantisti dovremmo auspicarci che quanto promesso dal ministro Carlo Nordio, ovvero la separazione delle carriere dei magistrati, si faccia in tempi piuttosto brevi. A tal proposito, da quanto riportano alcuni quotidiani, lo stesso Nordio avrebbe promesso di realizzare questo passaggio epocale entro il prossimo marzo. In strema sintesi, si tratta, a mio avviso, del più importante elemento su cui poggia l’intera riforma costruita dal Guardasigilli, il quale aiuterebbe quel riequilibrio tra funzioni requirenti e funzioni giudicanti che molti autorevoli giuristi invocano da lungo tempo.
Basti pensare che, nell’immaginario collettivo, i termini di giudice e magistrato sono sinonimi, avvalorando con una espressione sulla carta assai imprecisa – dato che il giudice è terzo mentre il magistrato inquirente rappresenta solo una parte, quella dell’accusa – l’esistenza di quella reale commistione di ruoli che solo una decisa separazione delle citate carriere e funzioni sarebbe in un grado di eliminare, o se non altro mitigare notevolmente. D’altro canto, e questo avviene anche all’interno di alcuni dibattiti televisivi, definendo giudici i protagonisti di una qualche iniziativa, per l’appunto giudiziaria, così come accadeva quando imperversavano i cosiddetti “giudici di Mani pulite”, si tende a dare l’idea di una condanna quasi certa. Mentre, come qualsiasi cittadino italiano dovrebbe ben sapere, l’azione di un pubblico ministero nei confronti di chiunque nulla ha a che vedere con la funzione di chi è poi eventualmente chiamato a giudicarla nelle aule di tribunale.
Inoltre, separando le carriere, così come avviene in buona parte del mondo avanzato, si depotenzia quella malsana solidarietà di corpo, se così la vogliamo definire, tra i diversi ruoli della magistratura che non fa certamente bene alla causa di una giustizia veramente giusta.
Aggiornato il 02 dicembre 2023 alle ore 09:37