Per i progressisti, che botta! L’accordo siglato da Giorgia Meloni con il premier albanese Edi Rama sull’apertura di due centri di accoglienza in Albania per immigrati illegali – posti sotto la giurisdizione delle autorità italiane – è peggio di un pugno nello stomaco. Meloni ha partorito un capolavoro politico-diplomatico che ha fatto saltare i nervi alla sinistra. Il protocollo d’intesa firmato con il premier albanese prevede l’apertura, dall’altra parte dell’Adriatico, di due centri di prima accoglienza dei clandestini recuperati dalle navi della Marina militare e delle Forze dell’ordine italiane nelle acque del Mediterraneo centrale. L’accordo, che avrà durata quinquennale, stabilisce che la gestione dei centri e la loro sicurezza interna saranno affidate all’Italia. Come le relative spese di funzionamento. Il volume di ospiti previsti su base annua sarà di circa 36mila unità, con una cadenza mensile media di 3mila presenze. Dal novero dei trattenuti in terra albanese verranno esclusi i minori, le donne in stato di gravidanza e i soggetti ritenuti a vario titolo vulnerabili. L’Italia assicurerà agli ospiti il rispetto dei diritti umani, del diritto all’assistenza legale e delle norme internazionali in materia di protezione dei richiedenti asilo politico. Le aree individuate per la creazione delle due strutture sono il porto di Shengjin e la cittadina di Gjader, località nel Nord dell’Albania. Il tempo di trattenimento degli immigrati accolti sarà il medesimo previsto dalle normative vigenti relativamente all’ingresso, all’identificazione e all’inoltro delle pratiche di richiesta della protezione internazionale.
L’iniziativa di Meloni, caduta come fulmine al ciel sereno su una politica nazionale distratta da altre contingenze, offre alcuni spunti di riflessione. In primo luogo, costituisce un pezzo della risposta complessa che il Governo di centrodestra sta strutturando a fronte della domanda di mitigazione dell’impatto migratorio sul nostro Paese. Abbassare la soglia delle presenze degli irregolari delocalizzandone una quota in strutture extraterritoriali, pur non rappresentando la soluzione definitiva al problema, è un grande ausilio per l’abbassamento della pressione sulla comunità nazionale. Inoltre, il dislocamento in Albania crea un deterrente per disincentivare il fenomeno delle migrazioni. Quando nei Paesi di partenza si spargerà la notizia che l’approdo finale non sarà con certezza la costa italiana – che è Europa – bensì quella albanese, non saranno pochi coloro che rinunceranno a mettersi in cammino. C’è però un altro target che questo accordo intende colpire. Sarà chiara a tutti la volontà della sinistra, che sogna un Paese nel quale le frontiere vengano abbattute e vengano spalancate le porte alla disperazione del mondo, affinché resti in Italia e non vada da nessuna parte. Perché? È una pretesa che ha due facce, una ideologica, un’altra economica-speculativa.
Sotto il profilo ideologico-culturale, l’annientamento delle radici identitarie della nazione è prodromico all’affermazione della pregiudiziale universalista professata dal progressismo militante. Riguardo all’aspetto economico, la presenza di una massa gigantesca di immigrati irregolari reca alla macchina dell’accoglienza montagne di denari pubblici. Quel sistema, lungi dall’essere la traduzione nella quotidianità del comandamento evangelico “amerai il prossimo tuo come te stesso”, è tra le principali fonti di sostentamento del potente apparato del volontariato finanziato, funzionale alla ramificazione territoriale delle organizzazioni partitiche di sinistra. Il punto è delicato e rischia di non essere compreso se non si ha piena cognizione della funzione di ammortizzatore sociale che una parte del Terzo settore ha svolto e svolge a beneficio della sinistra. Accogliere immigrati significa garantire un’occupazione duratura a un esercito di operatori, mediatori culturali, insegnanti, formatori, tutor, orientatori, psicologi, manager, che sarà grato e devoto allo schieramento politico che quel lavoro, attraverso il “sistema accoglienza”, gli ha assicurato. Ecco perché la sinistra è in preda a una crisi di nervi da quando ha appreso della stipula dell’accordo con il Governo albanese, il cui premier per colmo d’ironia è un politico socialista.
Siamo al delirio nella congerie delle dichiarazioni dei dirigenti progressisti. Inquietante, pericoloso, illegale, contrario al senso di umanità, illegittimo, inefficace. Tra le fila dell’opposizione, aggettivi e giudizi sprezzanti si sprecano nel definire l’accordo siglato. Fatto sta che c’è e che costituisce un modello al quale ben presto altri Paesi europei si ispireranno per arginare l’arrivo di flussi migratori incontrollati. Alla soddisfazione per il passo compiuto, affianchiamo una sollecitazione a Giorgia Meloni a proseguire nel solco tracciato. Vi sono altri Paesi nei Balcani e nel Nord Africa presso i quali è possibile replicare il “modello Albania”. La strada maestra resta quella di scoraggiare le partenze. Quale modo migliore per ottenere lo scopo, se non di mostrare agli aspiranti migranti che non finiranno la loro corsa nei “paradisi” desiderati ma in luoghi decisamente meno gettonati?
Aggiornato il 13 novembre 2023 alle ore 09:03