Il Decalogo del fideismo pandemistico

Credo ut intelligam; intelligo ut credam”: così Sant’Agostino, nel suo Sermone 43 ha sintetizzato la circolarità epistemica tipica del Cristianesimo, che necessita della fede per comprendere la realtà e che necessita della ragione per comprendere la fede. Sul fondamento offerto da tale circolarità si basa, nella autentica prospettiva cristiana, la feconda e reciproca relazione tra fede e ragione che si traduce nella conciliabilità di Chiesa e Stato, di spirito e materia, di religione e scienza. Se questo è vero in assoluto, e da tutti, cristiani e non cristiani, dovrebbe essere compreso, non è così in taluni casi particolari in cui tutto quanto predetto viene colposamente o dolosamente frainteso. Tipico esempio è il caso, riportato da alcune testate, offerto dal convegno che si terrà il prossimo 11 novembre 2023 a Savona, organizzato dall’Ordine dei medici locale con il contributo non condizionante, tra gli altri, di Pfizer e Astrazeneca, dal titolo “Le tavole della vaccinazione”.

I titoli delle relazioni, almeno nella loro formulazione originaria, cioè prima della modifica, secondo quanto riportato sempre dalle testate della stampa, sarebbero dovuti essere i seguenti:

1) non avrai altro Dio all’infuori di me: l’influenza;

2) non nominare il nome di Dio invano: la vaccinazione del paziente oncologico;

3) ricordati di santificare le feste: la vaccinazione del paziente diabetico;

4) onora il padre e la madre: la vaccinazione del paziente nefrologico;

5) non uccidere: la vaccinazione del paziente ematologico;

6) non commettere atti impuri: le malattie sessualmente trasmesse;

7) non rubare: la vaccinazione del paziente pneumologico;

8) non dire falsa testimonianza: la vaccinazione del paziente positivo per Hiv;

9) non desiderare la donna d’altri: la vaccinazione del paziente cardiologico;

10) non desiderare la roba d’altri: la vaccinazione del paziente trapiantato.

Le relazioni sono state poi mutate, eliminando i riferimenti espliciti ai singoli comandamenti, ma rimanendo inalterato il titolo dell’intera iniziativa. Sulla vicenda, a prescindere da come essa si svolgerà e si concluderà, e fuoriuscendo sempre dalla sterile contrapposizione orizzontale tra no-vax e sì-vax, comoda e facile scorciatoia per ogni anima candida che rinunci aprioristicamente alla fatica del pensiero critico, si possono effettuare alcune considerazioni data la gravità del fatto sia dal punto di vista prettamente teologico, sia dal punto di vista puramente epistemologico. In primo luogo: sebbene fede e ragione siano, ciascuna secondo la propria natura, fatte per collaborare e per interagire, diversamente da quanto ritiene l’ideologia laicistica che altera e stropiccia l’autenticità del principio di laicità, una suddetta iniziativa contraddice sia la natura della fede, sia la natura della scienza. Contraddice la fede poiché un modo cristallinamente blasfemo trasforma uno strumento scientifico, le vaccinazioni, in strumento soteriologico, paragonandole al Decalogo, cioè allo strumento biblico di regolamentazione dell’agire morale dell’uomo ai fini della sua salvezza, ignorando che proprio i dieci comandamenti furono elargiti all’uomo affinché non adorasse falsi idoli terreni. Contraddice la scienza, poiché munisce uno strumento scientifico come le vaccinazioni di quella sacralità aprioristica di cui sono muniti i comandamenti morali e religiosi, dimenticando che proprio nel mondo scientifico non ci sono e non ci possono essere fenomeni aprioristici di indiscutibile sacralità, poiché la scienza non è sacra, così come la sacralità non è scientifica. Confondere i piani, quello teologico-morale e quello scientifico, come hanno fatto gli organizzatori del suddetto convegno significa dimostrare di non aver colto né l’essenza dell’uno, né quella dell’altro, cioè di non essere né buoni credenti, in quanto ignari della profondità delle cose che riguardano la fede, né tanto meno buoni scienziati, in quanto misconoscenti delle dinamiche proprie del reale pensiero scientifico.

In secondo luogo: l’esperienza della pandemia del Covid-19, in cui si è ripetuto e condiviso in lungo e in largo il dogma antiscientifico dell’obbedienza acritica ai cosiddetti “dati scientifici” (sull’origine del virus, sulla contagiosità, sulla mortalità, sulla letalità, sulla profilassi vaccinale, eccetera) forniti dalle autorità pandemiche, ha sdoganato una volta e per tutte l’ideologia scientistica, cioè quella per cui non soltanto la scienza è l’unica chiave ermeneutica di comprensione della realtà (a ciò si è piegata, per esempio, la Corte costituzionale con le pronunce dell’inizio anno 2023), ma nulla si può mettere in discussione (pena la sanzione sociale dell’accusa di essere un no-vax). Tuttavia, tanto più ci si approssima all’adozione di una prospettiva scientistica, quanto più ci si allontana da una prospettiva autenticamente scientifica, poiché lo scientismo non è scienza, ma è la sublimazione ideologica – come tale falsa e sovrastrutturale rispetto alla realtà – del sapere e del pensiero scientifico. In terzo luogo: l’evento di Savona testimonia la grande confusione che esiste attualmente nella cultura occidentale che per un verso è sempre più secolarizzata, cioè distante dalla fede e dalle implicazioni di una concreta visione religiosa della vita, e per altro verso sempre più superstiziosa, cioè volta a sacralizzare tutto ciò che sacro non è, come, appunto, la scienza o i suoi strumenti e ritrovati tecnici. La cultura occidentale che si svuota sempre più del senso ultimo proposto dalla dimensione escatologica si ritrova sempre meno capace di comprendere le criticità e i problemi che la attraversano, con il paradosso per cui ciò accade proprio nell’epoca più scientificizzata della sua storia, dimostrando che maggior scienza non implica necessariamente né maggior conoscenza, né maggior consapevolezza o saggezza.

In quarto luogo: la commistione fraudolenta e ideologica di scienza e religione per cui si sacralizza la scienza, fino a ritenere che possa esistere un decalogo delle vaccinazioni (ma sarebbe lo stesso per qualunque altra circostanza diagnostica o alternativa terapeutica proprio perché non si tratta di semplici ingenuità no-vax) tradisce un fraintendimento di fondo di ordine epistemologico. La vera scienza, infatti, non è quella indiscutibile come sarebbe un decalogo di precetti morali o religiosi, ma, al contrario, proprio quella che necessita del dubbio e della discussione di tutto. Ritenere – come oramai si ritiene dall’epoca della pandemia da Covid-19 – che vi possano essere risultanze scientifiche indiscutibili, significa, per un verso, negare lo statuto strutturale e costitutivo della vera scienza e, per altro verso, rivelare la propria ingenuità epistemologica. Si comprova, ancora una volta, come uno stile epistemologico deviato conduca inesorabilmente a uno stile scientifico deviato, a una non-scienza, cioè al contrario della scienza. La scienza vera, cioè quella fondata su solide basi epistemologiche e che rifugge quindi ogni prospettiva ideologica, infatti, esige e pretende il dubbio. In questo senso, si devono ricordare, tra i tanti esempi possibili, le parole di Richard Feynman, che per l’appunto così ha insegnato: “Nella scienza il dubbio è essenziale; nella scienza per potere progredire è assolutamente necessario che la mancanza di certezze sia parte della natura del ricercatore. Per avanzare nella conoscenza bisogna essere umili e ammettere di non sapere. Non esiste nulla di certo o di provato oltre ogni dubbio”. L’errore intellettuale e il peccato morale di fondo degli organizzatori del convegno di Savona, in conclusione, risiedono proprio in questo: nella incapacità di mettere in dubbio la propria fede nella scienza. Ovvero nell’incapacità di mettere in dubbio se stessi, cioè, in definitiva, nella presunzione di credere soltanto a se stessi, commettendo ciò che, fin dall’inizio dei tempi, è il peccato morale e intellettuale più grave: quello dell’orgoglio!

Aggiornato il 30 ottobre 2023 alle ore 10:06