Neanche una strage paragonabile a quella dell’11 settembre 2001 è riuscita a frenare gli antisemiti di sinistra e di destra che si nascondono dietro il giustificazionismo del “sì però anche Israele ha le sue responsabilità”.
Un antisemitismo ormai di massa che utilizza la questione palestinese come alibi per la propria malafede. In un momento in cui il problema di quel popolo è stato soffocato da chi fa il terrorista per mestiere, e per giunta come mercenario al soldo dell’Iran. Cioè lo Stato che uccide i propri giovani e mette in carcere i premi Nobel solo per aver osato chiedere più libertà e meno shar’ia. Una situazione ormai insopportabile.
Il problema dei palestinesi, che hanno la stessa possibilità di ribellarsi ad Hamas di quella dei giovani di Teheran, è che la vecchia guardia dei terroristi – così come accadde con Arafat all’indomani degli accordi di Oslo – non ci pensa proprio a una pace con Israele. Anzi sposta sempre più in alto l’asticella perché se da una parte sa di non poter distruggere Israele e di non avere più il sostegno della maggior parte dei Paesi sunniti, che infatti con Israele hanno più o meno ristabilito rapporti diplomatici, dall’altra paventa la fine delle ostilità perché rimarrebbe senza lavoro.
Fare terrorismo infatti, esattamente come fare traffico internazionale di droga o rapinare le banche o sequestrare ostaggi per ottenere riscatti è un “mestiere” criminale come un altro. E tutti difendono a modo loro il posto di lavoro. Fenomeni già visti con le Farc in Colombia, con l’Eta nei Paesi baschi e con l’Ira nell’Irlanda del nord. Quando la pace con il nemico ti lascia senza più soldi, è chiaro che tu la ostacoli. E continui a fare il terrorista fuori tempo massimo anche quando la guerra è finita. A meno che qualcuno te lo impedisca. Con robuste reazioni di sicurezza.
Anche in Italia nel nostro piccolo dopo il sequestro di Aldo Moro le Brigate rosse non sono state trattate con i guanti dagli uomini di Carlo Alberto dalla Chiesa incaricati di risolvere il problema. Via Fracchia è un indirizzo che non vi dice niente? Lì gli uomini dei carabinieri entrarono nel 1980 con le chiavi fornite dal pentito Patrizio Peci e uccisero nel sonno i capi della colonna genovese delle Br. Per arrivare a Dozier, due anni dopo, quelli della Digos non esitarono a torturare i brigatisti Di Lenardo, Libera e Savasta. Funziona così in tutto il mondo – e in Paesi come Iran, Russia e Cina anche in maniera meno delicata – l’antiterrorismo.
Ma quando Israele è costretta ad andare per le spicce dopo simili carneficine, ecco scattare quel “sì però...” possibile solo per la pulsione antisemita di massa che sottende.
Gli ebrei “rompono”, “se le vanno a cercare”, “e allora i poveri bimbi palestinesi” (che però vengono curati negli ospedali di Tel Aviv e non esposti al ludibrio in gabbie nei tunnel tra Gaza e la frontiera con Eretz su TikTok) e altre amenità antisemite del genere.
E allora giù la maschera: quelli che oggi criticano i metodi duri di Israele sotto sotto tifano per Hamas. Come ammetteva almeno senza ipocrisie la compianta scrittrice Michela Murgia, grande icona del nostalgismo “de sinistra”.
Aggiornato il 09 ottobre 2023 alle ore 12:48