Il sanguinoso e proditorio attacco portato da Hamas allo Stato di Israele ha creato grande sconcerto tra i principali osservatori occidentali, i quali ancora non si capacitano del flop che ha caratterizzato i suoi servizi di sicurezza, ritenuti tra i migliori al mondo. Sta di fatto che, complice anche una importante festività ebraica, irrompendo dalla Striscia di Gaza, zona particolarmente nevralgica nell’eterno conflitto tra israeliani e palestinesi, le addestratissime milizie di Hamas sono penetrate nel territorio nemico come una lama rovente nel burro. A tal proposito, in molti hanno trovato nell’evento alcune affinità con la famosa Guerra del Kippur, il cui blitz iniziale, condotto simultaneamente da Egitto e Siria il 6 ottobre del 1973, colse l’esercito israeliano con la guardia bassa, sebbene alcuni esponenti dell’Amministrazione dell’epoca sostenessero da tempo la necessità di effettuare un attacco preventivo. Ma oggi, con il vantaggio di una tecnologia avanzatissima e con un fronte potenziale – la citata Striscia di Gaza, che misura appena una sessantina di chilometri – le immagini della devastante invasione, a distanza di un paio di giorni, sembrano ancora il frutto di un incubo notturno.
Eppure, ne dobbiamo prendere atto: proprio nella zona più calda del confine israeliano, da cui partono razzi e attentatori con una certa regolarità, si è sviluppato un brutale attacco – definito da molti di stampo medievale in quanto a ferocia – che ha scosso in profondità la reputazione di invincibilità che la piccola ma organizzata democrazia mediorientale si era duramente guadagnata a partire dal 1948, anno della sua fondazione. Comunque sia, riteniamo già un fatto scontato che la reazione israeliana a una tale barbarie sarà rapida e inevitabilmente durissima, dal momento che ancora una volta questo piccolo Stato si trova a contrastare una forza ostile che, al di là della sua effettiva consistenza e dei Paesi che la sostengono, si pone come obiettivo dichiarato la sua stessa distruzione come entità politica, sociale e culturale. Ed è per questo che, traslando una celebre frase espressa da John Fitzgerald Kennedy all’indomani della costruzione del muro di Berlino, oggi molti di noi non violenti, che crediamo nel diritto sacrosanto di potersi difendere con mezzi adeguati, si sentono sinceramente israeliani.
Aggiornato il 09 ottobre 2023 alle ore 14:03