Separazione delle carriere: la “deriva populista” dell’Anm

Parole che hanno fatto discutere. E che hanno fatto sbalzare dalla sedia l’Unione delle Camere penali italiane (Ucpi). L’Associazione nazionale magistrati (Anm) nei giorni scorsi, per voce del presidente, Giuseppe Santalucia, ha espresso “la netta contrarietà” ai progetti all’esame della commissione Affari costituzionali della Camera che lo ha ascoltato in audizione. Nello specifico, ha rivelato: “Non capisco il senso all’interno delle proposte per la separazione delle carriere di un’aggressione all’attuale assetto costituzionale del Csm che sarà fortemente cambiato per presidenza, per composizione numerica e modalità: avremo magistrati togati scelti per sorteggio e la componente di provenienza politica che si rafforza. Il senso è alterare l’equilibrio esistente tra il Csm e il potere politico”. Disperdere l’unita delle carriere, da cui discende il disinteresse del pm per l’esito processuale, ha sottolineato, “credo sia un passaggio che modificherà l’impianto non solo dell’azione penale ma dell'intero sistema democratico del Paese”.

L’Ucpi, da par sua, ha controbattuto. Innanzitutto, ha invocato che la politica “sappia rivendicare con orgoglio e determinazione il proprio ruolo, ricordando ai magistrati di Anm che Parlamento e Governo sono espressione della volontà popolare, la quale è sovrana e si esprime liberamente ogni cinque anni”. Non solo: “La Politica non vince un concorso pubblico, rimanendo ad esercitare indisturbata ed inattaccabile il proprio potere per decenni, ma si propone ogni cinque anni alla volontà del corpo elettorale. Il tema della separazione delle carriere è stato espresso in campagna elettorale ed è stato plebiscitato dai cittadini, ben oltre i confini della attuale maggioranza politica. È legittimo contrastare ed opporsi a quelle idee, ma non è accettabile che tutto ciò venga rappresentato, meno che mai dalla magistratura, come un fattore di inquinamento della vita democratica e della legalità costituzionale, come il Male che vuole sottomettere il Bene”.

Ma non finisce qui. Perché la funzione difensiva è ritenuta, secondo l’Anm, come “rappresentazione di interessi privati”, che in quanto tale – ha continuato l’Ucpi – non ha titolo a pretendere parità rispetto alla parte pubblica, cioè al pubblico ministero”.

Insomma, per l’Unione delle Camere penali italiani si tratta di “uno sproposito giuridico e culturale di dimensioni epocali. La funzione difensiva, rappresentando la indispensabile condizione senza la quale non è tecnicamente possibile che si formi la prova nel processo e che il Giudice formi il proprio convincimento ed esprima il proprio giudizio, svolge una cruciale funzione di rilievo pubblico – è stato notato – perfettamente equiparabile a quella svolta dall’Accusa. Identificare l’interesse specifico dell’imputato con la funzione pubblica svolta dal suo difensore rappresenta uno sproposito di dimensioni epocali, che ci fornisce la esatta misura della deriva populista e demagogica di Anm”.

Il presidente dell’Ucpi, Gian Domenico Caiazza, intervenendo a un confronto con l’ex procuratore di Torino, Armando Spataro, organizzato dalla sezione dei magistrati a riposo dell’Associazione nazionale magistrati, ha commentato: “La separazione delle carriere è uno schema che appartiene alla stragrande maggioranza delle democrazie, non solo in Europa. L’idea che la magistratura giudicante e quella inquirente appartengano a un solo corpo è una realtà minoritaria nelle democrazie contemporanee”.

Aggiornato il 13 settembre 2023 alle ore 09:43