Tutti si sono concentrati sulla figura di Giuliano Amato, a partire dal fenomenale Osho che su Il Tempo gli ha dedicato un meme memorabile, quello del gol “de Turone che era bbono”. Pochi sulla figura del giornalista che ha curato la regia dell’intervista – poi commentandola – su Ustica di Simonetta Fiori, cioè quel Lirio Abbate che deve la propria ultima fase della carriera a quella mezza montatura giornalistica giudiziaria che si è rivelata essere l’inchiesta su Mafia Capitale. E sulla tolkeniana “Terra di mezzo” tra politica e malavita che ha compromesso ingiustamente anche la carriera politica di Gianni Alemanno.
Insomma, il sospetto è che vanesio come è sempre stato – lo chiamavano “Giuliano Amato da se stesso” ai bei tempi, e dopo il prelievo nei conti correnti divenne “Giuliano odiato” – il buon ex dottor Sottile sia stato abbindolato da un giornalista di assalto e convinto a straparlare fuori tempo massimo è grande.
Quando due personaggi in cerca di autore si incontrano gli effetti sono sempre imprevedibili.
E per Lirio Abbate rimarrà forse imperituro il nickname che l’avvocato di Massimo Carminati, Giosuè Bruno Naso, gli appioppò nella sua arringa al processo su citato quando rivolgendosi alla corte di primo grado, tutto confrontabile risentendone le udienze sul sito di Radio Radicale, esclamò “voi davvero credete alle parole di “de-Lirio” Abbate?”.
Amato e lusingato, soprattutto da se stesso, Giuliano si è quindi lanciato nello sport preferito dei complottisti nostrani: la ricostruzione di un’ipotesi che già i fatti sinora accertati si sono incaricati di smentire: la battaglia aereo-navale della Nato contro Gheddafi sui cieli di Ustica.
E oggi Amato intigna di nuovo su Repubblica cercando di sminuire goffamente la gaffe su Bettino Craxi e la confusione di date tra il 1980 e il 1986 a proposito degli avvertimenti a Gheddafi.
Sembra di rivedere e risentire lo stesso Amato ancora presidente della Consulta che convoca una conferenza stampa che si trasforma in una sequela di excusatio non petitae per spiegare perché la Corte avrebbe bocciato i quesiti referendari sulla cannabis e sull’eutanasia: decisioni politiche camuffate in punta di diritto.
L’uomo Amato (e odiato sai suoi ex compagni socialisti, vedi da ultimo Rino Formica) è questo.
Lo vogliamo un giorno al posto di Sergio Mattarella? Oppure, conoscendolo, evitiamo?
Aggiornato il 06 settembre 2023 alle ore 09:31