Non so se sia vero, come scrive Libero, che a Repubblica si sarebbero lamentati di una garbata lettera di Alain Elkann, padre di John e Lapo, cioè i padroni del quotidiano, confinata peraltro nelle pagine dei commenti molto in là con la foliazione, in cui lo scrittore lamentava la maleducazione dei giovani ricchi che, insieme a lui, hanno diviso la prima classe di un treno Italo per Foggia.
Ma se fossero vere le accuse di classismo rivolte dai cronisti di Repubblica ad Elkann, che invece lamentava solo la cafonaggine di questi nuovi figli di arricchiti, tutta arroganza, tatuaggi e niente cultura, ci sarebbe da spernacchiarli. Come… tanta demagogia sul populismo e poi non si capisce che questa piaga, non solo italiana, sia figlia dell’uno vale uno? Quale classismo? Perché i giovinastri tendenzialmente violenti e sicuramente arroganti, che hanno viaggiato in treno insieme al papà di John, invece di spendere soldi in iPhone e costosi tatuaggi, non si comprano anche loro una bella stilografica e un’edizione francese della Recherche di Proust. E non impiegano il loro cervello in cose più costruttive?
Sicuramente, lo sbando esistenziale in cui annaspa l’ex quotidiano di Eugenio Scalfari – che si rivolterà nella tomba – riflette le stesse difficoltà politiche che ci sono nel Partito Democratico: garantisti o forcaioli, di sinistra o al traino dei grillini, plebei o patrizi? Certo, tacciare di classismo le rimostranze garbate di un signore che, nonostante sia il padre dei padroni del giornale, e di mezza Italia, non si fa mai vedere né sentire, se non per occasioni culturali, non fa altro che incrementare la prevaricazione esistenziale di questo plebeismo dei rampolli dei ricchi e degli arricchiti, che è un ingrediente essenziale di quel misero brodo di coltura del populismo.
Aggiornato il 27 luglio 2023 alle ore 10:12