Profondamente superficiali

La ragazza ha certamente più di vent’anni e meno di quaranta. Bellezza non quantificabile, bruttezza altrettanto. Sorridesse, almeno, ma lei no, guarda solo le fotocopie, rassegnata a lavorare con qualcosa che non dovrebbe più esistere. Le consegna, quattro euro e cinquanta, alza gli occhi solo a metà, saluta con leggero accento rumeno. Il suo collega parla con un cliente in vena di scherzi. Non si conoscono, ma il compassato burlone non tace mai, e alla fine lui ride. Lei ascolta, sembra impermeabile: il sorriso non è fra le sue dotazioni, ma l’uomo è proprio simpatico, e alla fine si scopre che anche i muscoli facciali della ragazza sono funzionanti, e per un attimo i suoi occhi diventano quasi belli. Fuori è molto caldo, la gente passa dalle lamentazioni invernali a quelle estive, e un operaio che lavorava in una strada veneta muore: quarant’anni, quaranta gradi. Ma i capalbiesi sono convinti che in questo momento il problema serio sia la Schwa. Finché non entrerà realmente nel gergo, nelle scuole e nella mentalità, rimarremo al maschilismo medievale. Non si parla d’altro, né ci si può occupare di un lavoratore qualunque. La gente comune pensa poveretto, con quel caldo, aveva tutta la vita davanti. Ma se tutti quelli dell’ultima spiaggia dicessero insieme operaio morto farebbero tremare gli ombrelloni. E poi, sono cose che capitano, mentre la cultura…

L’Ucraina ha ufficialmente stufato. La cronaca deve essere spettacolo, dunque, ogni avvenimento si esaurisce in tempi brevi, e allora la guerra finisca perché la storia è sempre la stessa. Parliamo d’altro, per favore. Allevi ci è simpatico, anche se forse un po’ troppo giocherellone. Un folletto che suona bene il quasi nulla non deve, però, essere ucciso per gioco sul pattume-social: perché? Spunta il solito buonista, e dice che così gli si allunga la vita, ma lui forse non è d’accordo. Il bancomat assicura che rinunciando allo scontrino salveremo il mondo, ma Amazon spedisce spilli dentro immensi scatoloni. I social ci mettono in quarantena per paroline innocenti, ma ospitano le inserzioni di quelli che promettono fama e successo a chiunque, facendolo apparire sui media prestigiosi.

Gli scambi di giornalisti e conduttori, fra credo politici e supposte inclinazioni delle reti, sono in attesa di spiegazioni plausibili. È certo che i soldi non c’entrino nulla, e i duri e puri del credulonismo, religione dominante in Italia, sono molto disorientati e attendono un Messia che fornisca motivi anche surreali, promettendone comunque l’accettazione incondizionata. Sempre a discutere del denaro: quelli che ne guadagnano troppi sono brutta gente, ma se fanno gol ci emozionano, dunque meritano di incassare in un minuto il nostro stipendio mensile. I soldi sono un concetto volgare, divisivo, simbolo di ingiustizie, mafie, discriminazioni. Ma chi paga trecento euro un pranzetto per due, con lei in sbuffante adorazione, è così bravo da vantarsene e lamentarsene contemporaneamente. Fa esplodere lo scandaletto, denunciando gestori e chef ladroni, non stellati, ma strategicamente ubicati. E sottolineando il vino da sessanta euro, prezzo che rende sommelier anche un astemio.

Un volo locale, in agosto costa come un New York, e la gente grida ai prezzi impazziti: dove arriveremo. In novembre il biglietto precipita e gli stessi dicono che va tutto bene, peccato che le ferie fossero d’estate. E questo, ogni anno, ignorando le leggi del mercato.

I tribunali del popolo assegnano ergastoli per soste vietate e perdonano assassini romantici. A mezza bocca censurano sederi balneari e sentenziano pure sugli stupri casalinghi secondo le facce dei rampolli: affidiamo la giustizia al web di base, elimineremo le lungaggini burocratiche. Il fatto è che tutto questo mondo entra nel negozio dove la rumena tace. Se ha una trentina d’anni era piccola quando Nicolae Ceaușescu fu ammazzato dai rivoltosi insieme con la primadonna Elena. Non ha perciò visto, nei decenni precedenti, i contadini mentre scavavano buche dove allevare i maiali per nasconderli alla polizia o addirittura alla Securitate. Non ha sofferto la fame, non ha visto donne che sorridevano a chi le oltraggiava per un pasto e un paio di calze, funzionari che vendevano adozioni agli occidentali in quell’Ottantanove che liberò da una schiavitù, ma con tanti effetti collaterali. Il signore pazzerello aumenta la dose di battute sfidando se stesso: vuole farla ridere, vorrebbe dirle che sa quanto sia difficile scrollarsi da una storia che non ha vissuto, ma ha lasciato tracce nel suo Dna. E vorrebbe scusarsi a nome del popolo italiano, quello che dal Dopoguerra si proclama democratico e quasi benestante. Ma ogni giorno s’inventa di tutto per distruggere le cose più belle, che però lo annoiano.

Aggiornato il 15 luglio 2023 alle ore 13:40