Dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi il quotidiano Avvenire ha timidamente insufflato sul mondo cattolico, provando a insinuare il dubbio che i tempi fossero maturi per occupare lo spazio politico lasciato libero da Forza Italia. Facciamo sommessamente notare che un simile ragionamento ha molte falle, perché parte da presupposti tutt’altro che scontati.
In primo luogo, non è detto che Forza Italia lasci libero uno spazio politico. La creatura di Silvio Berlusconi – esaurito l’effetto di rimbalzo nei sondaggi dovuto alla morte del suo fondatore – avrà l’onere di riorganizzarsi. E non è detto che non arrivi a porre in essere operazioni utili a garantire la propria sopravvivenza, la continuità o addirittura la rinascita. La famiglia Berlusconi ha recentemente dichiarato che non abbandonerà l’asset politico e questo potrebbe voler significare una serie di fatti importanti, che sarà il tempo a disvelarci.
In secondo luogo, se mai ci dovesse essere una diaspora elettorale, è molto più probabile che essa avvenga in favore degli altri partiti del campo di centrodestra. Non si capisce infatti per quale motivo un elettore di Forza Italia dovrebbe abbandonare il campo, che ha contribuito a fondare, in favore di una non meglio specificata “Balena Bianca” che si pone staticamente al centro, magari guardando a sinistra. Il più grosso errore che un analista politico possa fare è quello di confondere una rigorosa analisi di scenario con i propri desideri, guardando il campo del probabile con le lenti della propria speranza, deformandone così la visione. Si può legittimamente soffrire di nostalgia, ma ciò non fino al punto di credere che un lumino di speranza possa trasformarsi in un luminoso avvenire.
La terza e ultima considerazione è la naturale conseguenza di quella precedente: la tesi in base alla quale il centro politico esista ancora appartiene a un mondo ormai andato. Non è escluso che la Democrazia Cristiana torni di moda un giorno, anche se oggi non è nella natura delle cose e forse nemmeno domani. Pensare oggi che ci sia spazio per un partito cattolico e interclassista – teoricamente equidistante dai due contenitori bipolari – è romanticamente retrò. Matteo Renzi, Carlo Calenda e tutti coloro che hanno provato ad occupare il centro negli ultimi trent’anni sono finiti male, non per incapacità ma per inagibilità di un perimetro politico centrista, che risulta totalmente inesistente.
Ragion per cui è difficile immaginare che un elettore di Forza Italia, campione del bipolarismo, nato e cresciuto in questo schema e per certi versi kingmaker di un simile assetto, possa andare contro qualcosa che dovrebbe costituire il dna dell’elettore forzista. Piaccia o meno, l’Italia segue uno schema politico profondamente bipolare. Tutto il resto è “nostalgia canaglia” che, come dice il poeta Albano Carrisi, “ti prende proprio quando non vuoi”.
Trattasi della solita solfa che si tira fuori a ogni passaggio epocale della storia politica italiana. C’è sempre il solito romanticone, che prova a riempire qualche pagina di giornale, nella speranza che resuscitino i morti e che qualcuno riprenda l’antico slogan di Ciriaco De Mita: decidi Diccì.
Aggiornato il 21 giugno 2023 alle ore 10:13