L’abuso d’ufficio come la pesca a strascico

Carlo Nordio sta mantenendo quanto aveva promesso, presentando il primo pacchetto di riforme in tema di giustizia. E ovviamente si sono subito accese roventi polemiche, a volte anche un poco ridicole, come avviene per esempio quando Elly Schlein si dice del tutto contraria alla abolizione del reato di abuso di atti d’ufficio, mentre quasi tutti i sindaci del partito da lei guidato ne sono ben felici, senza nasconderlo. Così si assiste allo spettacolo straniante di un segretario di partito che viene smentito dai sindaci che quel partito e quel segretario rappresentano sul territorio. Ma perché tanta confusione? Perché tante polemiche?

Vediamo in breve le riforme proposte, per quanto i testi normativi non siano ancora disponibili, perché ancora non sono stati presentati al Parlamento. Il primo riguarda la abolizione del reato di abuso, il quale come è noto è, per dir così, un illecito di risulta, nel senso che a questa figura si suole ricorrere allorché, e soltanto allorché, non si possano ravvisare elementi che costituiscono altri reati. E questo si può fare proprio perché si tratta di un illecito a forma libera, sostanzialmente indeterminato nei suoi confini e perciò incompatibile con i limiti che la nostra Costituzione esige per ogni figura di reato.

Per capirci, quando si contesta a un qualche amministratore il reato di abuso, è come si praticasse da un peschereccio la pesca a strascico la quale, come è noto, si contenta di prendere qualunque forma vivente nel mare, senza nulla pretendere e sempre che poi il pescato non debba rigettarsi in mare, in quanto non commestibile (una scarpa vecchia o un’alga velenosa). Per questo, presso molti siti marini, la pesca a strascico è vietata.

Allo stesso modo, contestare l’abuso in molti casi significa né più né meno che non sapere che pesci prendere, riducendosi perciò a contestare l’abuso come ipotesi residuale, sperando venga fuori altro nel corso delle indagini: il che, nel novantanove per cento dei casi, non avviene. Di qui, i numeri snocciolati dal ministro: quasi 5mila procedimenti aperti per abuso e solo 9 conclusi con condanne nel 2022, cioè meno del due per mille. Un esito insostenibile, insomma. Anche perché i costi da pagare subito sono altissimi: paralisi dell’azione amministrativa, gogna mediatica per l’amministratore accusato di abuso, attività giudiziaria e investigativa rese in pura perdita. Altro che Pnrr!

La seconda riforma riguarda invece il reato di influenze illecite, il quale oggi come oggi può essere contestato a chiunque faccia anche una semplice telefonata di segnalazione per una persona obiettivamente capace e meritevole. Dobbiamo tutti metterci in testa – anche se questa cosa fa impazzire Travaglio, Davigo, Saviano che vorrebbero tutti sotto processo, tranne se stessi naturalmente – che il diritto penale di uno Stato di diritto pretende che la fattispecie incriminatrice sia sufficientemente determinata e riconoscibile. Per questo motivo, la riforma prevede che la relazione fra il cosiddetto mediatore (trafficante di influenze) e il pubblico ufficiale (influenzabile o influenzato) sia effettiva e non immaginaria o puramente vantata; che il primo prometta al secondo denaro o altra utilità; che si provi la precisa intenzione di sfruttare quella relazione. Vi pare troppo? A me sembra il minimo sindacale, sempre che si voglia restare all’interno della cornice dello Stato di diritto. Se poi si vogliano sposare le tesi di Travaglio, di Davigo o di Saviano, allora Mecenate, quando raccomandò Virgilio a Ottaviano Augusto, doveva subito essere arrestato per traffico illecito di influenze e ovviamente mai avremmo potuto leggere l’Eneide (e forse parecchi studenti ne sarebbero stati lieti).

Per ciò che riguarda poi i limiti posti alla pubblicazione delle intercettazioni, non se ne può più di sorbirsi la litania ripetuta come un mantra – senza che neppure loro ci credano fino in fondo – secondo la quale il Governo vorrebbe mettere il bavaglio alla stampa. E perché mai? Cosa volete possa interessare al Governo se, in un procedimento penale a carico di Mario Rossi (nome ovviamente di semplice fantasia), vengano rese di pubblico dominio alcune telefonate intercettate ove costui, parlando magari con un co-indagato, gli rivela che Giuseppe Verdi (altro nome di fantasia musicale) tradisce la moglie con Artemisia Gentileschi (nome di fantasia pittorica)? Al Governo, invece, interessa giustamente una cosa che riguarda tutti noi e cioè che terze persone, che nulla hanno a che fare con le indagini, siano salvaguardate nella loro reputazione, senza esser date in pasto alla opinione pubblica da un falso giornalismo, che invece di cercare le notizie di vero pubblico interesse si alimenta di scandali da rotocalco.

Infine, per quanto attiene ai provvedimenti di custodia cautelare, che la riforma assegna ad un collegio di tre giudici, invece che al solo Gip, è ovvio che, trattandosi del bene sommo di un essere umano e cioè della sua libertà, sei occhi son meglio di due. E questa ulteriore garanzia dovrebbe esser ben vista e salutata con favore proprio dalla sinistra, che dice di essere la paladina dei diritti, ma poi, alla prova dei fatti, pare lo sia solo delle manette facili: l’esatto contrario di tutti i diritti.

E questo rappresenta davvero un fenomeno incomprensibile, perché non razionalmente spiegabile: che cioè gli stessi che vogliono diffondere l’ideologia gender quale diritto irrinunciabile, la maternità surrogata quale diritto della donna, l’aborto quale diritto sul proprio corpo, protestano e si stracciano le vesti se il Governo – attraverso riforme come questa – vuol salvaguardare necessari spazi per il diritto di libertà di ciascuno di noi. Costoro, evidentemente, pensano che i diritti siano come gli animali della celebre fattoria di Orwell: alcuni e soltanto alcuni, quelli che a loro piacciono, sono “più eguali” degli altri, quelli che a loro non piacciono.

Aggiornato il 21 giugno 2023 alle ore 10:42