È innegabile: qualsiasi celebrazione ostruisca per giorni l’etere e quel che resta della stampa, crea reazioni rabbiosette fra i non affranti.
La pomposità del funerale di Stato, del lutto nazionale, del Duomo che sembra accogliere e perdonare il peccatore ammiccante sono una bomba in grado di far esplodere i canali web, dove i nostalgici del defunto si riuniscono in gruppuscoli un po’ appartati, per sfogare dispiaceri e lodi senza entrare in conflitto con chi è certo di avere il diritto di insulto. Perché lui può essere vituperato anche dopo morto: la risolutezza con cui la sinistra è certa delle proprie convinzioni sfiora, anzi, supera l’assoluto.
I funerali del Togliatti sovietico, che sacrificava vite italiane a quella che riteneva la sua vera patria, furono celebrati con una solennità mai vista e consegnati alla storia da un immenso dipinto di Guttuso, le cui riproduzioni sono tuttora vendute e da qualcuno considerate simboli sacri.
Qualcosa di simile per Berlinguer: esequie oceaniche, anche se per lui niente dipinto d’autore. Solo un brano con inspiegabile inizio vagamente scozzese dei Modena City Ramblers, cantori di nicchia che forse la Schlein nemmeno conosce: è probabile che i loro cd non siano mai arrivati in Svizzera, meno ancora negli Usa.
Berlusca non merita niente, l’hanno spesso premiato le urne, ma l’urna no. Per i veri democratici il voto conta solo se è a sinistra, altrimenti schede virtualmente nulle. La rabbia trasuda, i più rozzi (non pochi) si esercitano in vilipendi di cadavere online. Altri, i peggiori, perché si sentono super omnia, punzecchiano livorosi: chi cita la Costituzione spesso confondendola con il regolamento del condominio, chi è maestro di cerimonie (funebri) e spiega perché questo non si fa e quest’altro neppure. E c’è chi, addirittura, spara sugli occhi troppo affettuosi dei figli del defunto. Per non sforzarsi, in tanti hanno preferito standard importati, sempre efficaci: not in my name, l’Italia è in lutto, ma io no. E qui l’egocrazia divampa, come vi permettete di essere tristi senza di me?
Questo esercito di falliti – che sarebbero usciti di casa in mutande per arrivare a razzo, se Silvio avesse solo fatto un cenno – ora ostenta superiorità e disprezzo. Forse non si rendono conto che ci sono personaggi per i quali respiro e battito cardiaco sono piccoli dettagli. La loro energia fa sì che da morti abbiano più vitalità di milioni di cadaveri che camminano e postano insulti.
Dentro quella cassa chiara, nel Duomo che vide l’incoronazione di Napoleone re d’Italia, Silvio ridacchiava. Da Monza, Bonaparte aveva fatto portare la Corona Ferrea, mentre lui ha preferito la squadra in A e poi chissà.
Pensava avanti, come ha sempre fatto, sapendo che le sue ceneri sono più dinamiche delle pecore impegnate a belare i propri insuccessi.
Aggiornato il 15 giugno 2023 alle ore 09:53