La dipartita di Silvio Berlusconi ha spento definitivamente i riflettori sul palco che ha messo in scena l’epopea berlusconiana. Ci sarà tempo per assegnare giudizi storici su un personaggio che, indipendentemente dal verdetto soggettivo, ha profondamente segnato la vicenda patria, cambiandone in molte occasioni il corso.
È chiaro che un personaggio così dirompente possa attirare su di sé amore e odio, ma è altrettanto chiaro che un certo rancore becero (anche postumo e per giunta a salma ancora calda) spieghi più di ogni altra cosa il motivo per il quale la sinistra sia stata soccombente ogni qualvolta si è misurata con lui.
Qualunque cosa si pensi su Silvio Berlusconi, l’unica cosa innegabile è che egli sia stato un leone, un visionario, uno in grado di sintonizzarsi sulle esigenze del Paese (anche le peggiori). Lo ha fatto da imprenditore e lo ha fatto anche da politico. Poi ognuno pensi ciò che vuole ma egli offriva un sogno (il famoso miracolo italiano) dove gli altri dispensavano lacrime e sangue. Offriva umanità ed empatia, ricevendo in cambio odio e demonizzazione. È quasi scontato che quando la positività (ostentata fino all’ultimo anche di fronte all’evidenza di un corpo morente) si scontra contro il livore cieco, quest’ultimo soccomba inesorabilmente. Questo la sinistra non è riuscita a comprenderlo, tanto è vero che anche in queste ore più di qualcuno fa sciacallaggio anche sui funerali di Stato con l’hashtag #noninmionome.
Ma veniamo al punto: a memoria di chi scrive sono pochi i politici che hanno lasciato in eredità al Paese un fatto politico concreto, tangibile e non una menata ideale. Ebbene, Silvio Berlusconi ha preso un’Italia frammentata in piccoli movimenti nel post-Tangentopoli e ne ha fatto per tabulas un Paese compiutamente Bipolare.
Silvio Berlusconi ci lascia in eredità il bipolarismo e questo è un fatto innegabile. Ma il bipolarismo, nonostante il tentativo fatto con il Popolo delle Libertà, non coincide con il bipartitismo e questo potrebbe rendere la sua creatura Forza Italia oggetto di un’opa ostile nei prossimi mesi. A meno che qualcuno non ipotizzi realmente che Antonio Tajani possa realmente incarnare il post-Berlusconi, l’effetto di rimbalzo nell’opinione pubblica dovuto alla dipartita del leader si sgonfierà con il passare del tempo, facendo piombare Forza Italia in una crisi di leadership.
A questo punto lo scenario naturale sarebbe la discesa in campo di Marina Berlusconi, l’unica in grado di colmare istantaneamente il vuoto lasciato da suo padre, dando nuovo slancio dopo gli ultimi anni appannati dallo stato di salute del di lei genitore. Atteso che ciò molto probabilmente non avverrà, Forza Italia ha due strade: lasciare che il tempo certifichi l’annessione del partito alle altre forze della coalizione di centrodestra o trovare il cosiddetto Papa Straniero in tempi brevissimi.
C’è chi dice che Silvio Berlusconi considerasse Matteo Renzi un suo figlioccio e c’è anche chi insinua che tra i due, in passato, si sia alluso più volte a una simile ipotesi. C’è anche chi ipotizza che nel tweet affranto e immediato di Matteo Renzi – pochi secondi dopo la morte del leader di Forza Italia – ci sia il primo atto di una manovra di avvicinamento, non si sa quanto concordata. Fatto sta che per velocità di pensiero, per carattere, per modalità di azione, per naturale inclinazione verso i colpi di teatro, i due personaggi sono per molti versi sovrapponibili. Inoltre, entrambi si considerano vittime del sistema giudiziario.
Piccola nota a margine: dopo la morte di Silvio Berlusconi, la procura di Milano ha fatto un comunicato stampa che sembrava tanto come l’ultimo “onore delle armi” concesso a un acerrimo nemico, ingenerando il sospetto che Silvio Berlusconi, quando parlava di persecuzione, non avesse tutti i torti.
Aggiornato il 15 giugno 2023 alle ore 09:58