Sassolini di Lehner
Siamo rimasti orfani della cartesiana Maria Giovanna Maglie, ma continuiamo a combattere per il ristabilimento della ragione versus l’imbecillità dilagante. Il totalitarismo postmoderno si avvale di due sperimentati espedienti: il monopolio delle domande-risposte e l’imposizione lessicale.
Basta riflettere sulla diffusione di un termine insensato e bischero come “omofobia”, coniato da uno psicologo statunitense conoscitore della lingua di Omero assai meno di una capra tirolese di montagna.
Ebbene, dal greco ὁμός (simile, uguale) abbiamo omonimo, omozigote, omologo, omogeneo, omotelèuto, omosessuale, etc. etc..
Ergo, omofobia significa paradossalmente “paura del proprio simile”, “avversione verso la persona dello stesso sesso”, come a dire che l’etero demonizza l’etero, la lesbica non tollera Saffo, il comunista teme Palmiro Togliatti.
Invece, grazie all’ignorantissimo coniatore statunitense, complice il Grande Fratello figlio di Goebbels, omofobia si usa correntemente nel senso sballatissimo di “paura del diverso da noi”, “intolleranza verso l’omosessuale”. È, insomma, un caso allusivo di semantica "invertita".
Non basta.
Essendo le fobie classificate come sintomi evidenti di problemi psichici, perché mai demonizzarle e addirittura auspicare sanzioni penali, che qualche beota di onorevole, euro o italo, propone e qualche giudice creativo quanto la capra tirolese sarebbe ben lieto di comminare, quando, invece, dovrebbero essere comprese, compatite e curate?
Egregio Zan, perché non porre ai margini della società e, magari, in galera gli agorafobici, gli acrofobici, gli aracnofoboci, gli aviofobici, gli emofobici, i rupofobici?
Perché, esimi forcaioli uranisti, non esporre al pubblico ludibrio quei mascalzoni politicamente scorretti dei claustrofobici? Eppure, euroidioti, parlamentari, giornalisti, opinatori, mezzibusti televisivi, professori, genitori e quant’altri somarelli linguistici, dalla D’Urso in giù, continuano a romperci i timpani con la parola composta, omofobia, messa in circolazione da uno sprovveduto e, poi, imposta dai dittatori del pensiero unico.
No, impariamo a dire di no ai registi del totalitarismo postmoderno che ci impongono domande, risposte, lessico.
Aboliamo resilienza, inclusività, sostenibilità, chilometri zero, biodiversità, biodinamica... E così non rispondiamo più come pappagalli: “Alluvione? Co2!”. “Siccità? Causa antropica!”. “Come salvare il Pianeta? Defecando sulla Cappella Sistina!”. “Riscaldamento globale? Flatulenze bovine!”.
L’unica consolazione sta nel fatto che il Grande Fratello Impostore, strabico oltre che spietato scemo di guerra, s’è dimenticato del mitizzato buco dell’ozono, surclassato dal buco oggi più alla moda, quello del culo delle vacche d’allevamento.
Aggiornato il 26 maggio 2023 alle ore 09:59