Il Pd in liquefazione

Adesso possiamo dircelo: l’effetto Schlein non c’è mai stato, né tantomeno lo sfondamento a sinistra. Il Partito Democratico è ormai senza identità, liquido, tutto diritti civili e ambientalismo qualunquista. Di vicinanza ai bisognosi nemmeno l’ombra: quelli non si incontrano mica ai Parioli alle feste di Claudio Baglioni, dove si ciancia vacuamente di ecologismo, di migranti e di multiculturalismo senza soluzioni realistiche.

Doveva essere un Partito movimentista ma si è solamente trasformato in un pastrocchio cattivista, snobista, benaltrista e confuso (in questo aiutato dalle cosiddette élite culturali). Abbiamo tutti negli occhi il dramma legato al Covid in Lombardia e l’enorme difficoltà a gestire un evento non previsto e non prevedibile. E parimenti ricordiamo bene le polemiche becere sul presunto fallimento del modello sanitario lombardo, con la consueta apertura di fascicoli di indagine alla volta dei responsabili politici regionali e annesso biscottino inzuppato dai cosiddetti giornalisti di inchiesta.

Poi il maltempo si accanisce sull’Emilia-Romagna (dove poco tempo fa l’assessore deputato alle problematiche idrogeologiche era proprio Elly Schlein) e nessuno dell’attuale maggioranza si sogna di fare polemiche.

Niente di eccezionale a nostro avviso visto che, di fronte ad ogni catastrofe, una Nazione si deve unire per arginare i danni. Però è difficile non ricordare lo sciacallaggio di qualche mese fa, così come fa un po’ sorridere il “basta polemiche” di Stefano Bonaccini pronunciato prim’ancora che qualcuno le facesse con successivo pistolotto con cui il Governatore vuole addirittura insegnarci come si fa. Non si tratta di una differenza di stile ma di un diverso modo di stare al mondo, comprendendo che la contrapposizione politica ha dei limiti etici, così come la faccia tosta degli speaker di partito.

Gli stessi limiti etici che sono stati abbondantemente oltrepassati al Salone del Libro di Torino: abbiamo ancora negli occhi le polemiche scatenate sull’intervento del ministro Eugenia Roccella, alla quale è stato impedito da un gruppo di contestatori di intervenire esponendo quello che – giusto o sbagliato che sia – è il suo pensiero. Magari per qualcuno avrebbe detto un cumulo di puttanate, però una cosa è chiara: Eugenia Roccella è l’aggredita mentre chi le ha impedito di parlare era l’aggressore (violento).

Paradossalmente però, manco fosse la favola di Fedro Lupus et agnus”, la narrazione è stata completamente stravolta. Secondo il direttore della kermesse piemontese, Nicola Lagioia, per una divisiva come Roccella le polemiche “vanno messe in conto”, mentre Selvaggia Lucarelli se la prende con i “destroidi camuffati” a cui su Twitter ha spiegato che “la conflittualità è necessaria”. Roberto Saviano ha invece affermato che i politici “sono venuti al Salone a provocare”, mentre Elly Schlein ha accusato il Governo di avere problemi con il dissenso. “Noi siamo per il confronto duro”, ha detto. E poi: “È surreale che ministri e deputati si siano messi ad attaccare Lagioia (ndr, la deputata Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia ha osato contestare i contestatori e chi li giustificava). Non so – ha quindi concluso – come si chiama la forma di un Governo che attacca le opposizioni e gli intellettuali ma quantomeno mi sembra autoritaria”.

Verrebbe da pensare che questo elogio della violenza sia – quello sì – fascista e che la mistificazione della realtà assuma toni tragicomici e sia la reazione nervosa al fatto che la cultura di destra sia uscita dal ghetto entro cui qualcuno l’aveva relegata fino ad oggi. Che poi il discorso sul “confronto duro” e sulla “conflittualità necessaria” ci può anche stare, l’importante è che la cosa sia biunivoca e che non si scomodi la “deriva autoritaria” quando a destra qualcuno osa dissentire. Questa si chiama onestà intellettuale, quella strana roba che, se sei confuso, la riconosci facendo l’opposto di ciò che fa Maurizio Landini, quello che da sindacalista si è voltato dall’altra parte quando un Governo di sinistra aboliva l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, mentre oggi che al Governo c’è Giorgia Meloni si riscopre barricadero.

L’Italia ha bisogno di una sinistra di spessore, sia per il bene dei testicoli di chi, come noi, è costretto a commentarne le gesta, sia per il bene del dibattito pubblico.

Aggiornato il 23 maggio 2023 alle ore 09:57