Sassolini di Lehner
Il nostro non è un Paese per liberali. Speriamo che lo diventi, ma sulla religione della libertà prevalgono gli intolleranti eredi dello stalinismo o del fascio-comunismo scaturito dal Patto Molotov-Ribbentrop e dagli appelli di Palmiro Togliatti ai “Fratelli in camicia nera”.
Al Salone del libro di Torino, il ministro Eugenia Maria Roccella dovrebbe presentare il suo saggio Una famiglia radicale. No, lei non può aprire bocca e tanto meno illustrare il contenuto del proprio libro.
Lo decidono una cinquantina di eco-femministe, che urlano: “Sul mio corpo decido io, ma quale Stato, ma quale Dio”.
La Roccella invita le attiviste a confrontarsi con lei, ma il dialogo sarebbe un cedimento secondo la morale dell’intolleranza militante. Il pubblico vorrebbe godersi gli eventi e chiede: “Per favore, fateci seguire…”.
Le agitate rispondono, come detta il galateo del cattivo gusto: “Per favore, fateci abortire”.
Il diritto di parola, insomma, retrocede davanti al diritto di abortire.
Roccella nota: “È grave che nel Salone che presiede non ci sia neanche la presenza di Lagioia. Lo abbiamo cercato, lo stiamo cercando. Non sappiamo dove sia”.
E costui, cuor di leone, secondo la regola dell’“io, che c’entro?”, arriva e balbetta a matula: “Questo è un incontro nella programmazione della Regione, non del Salone”.
Infine, Nicola Lagioia, recitando la parte della vittima, si accora perché qualcuno gli suggerisce di vergognarsi.
Secondo il primo comandamento della religione della libertà, il signor Lagioia non dovrebbe soltanto vergognarsi, ma ricostruirsi un minimo di senso della responsabilità personale.
Aggiornato il 22 maggio 2023 alle ore 10:26